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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Nevone, l'ex sindaco Lucchi: "Sottovalutato dagli esperti meteo, il momento più critico quando cedette il tetto del Carisport"

Sono già trascorsi 10 anni, tutto iniziò il 31 gennaio 2012, quei 12 giorni di febbraio nella morsa delle incredibili nevicate e del gelo sono più vivi che mai nella memoria di tutti. L'ex sindaco Lucchi ricorda quei giorni concitati

"Una dimensione che nessuno di noi ricorda, una nevicata che molti paragonano al 1929, l'anno del nevone, l'amarcord di Fellini". In un'intervista dell'epoca l'allora sindaco di Cesena Paolo Lucchi raccontava così la città ricoperta da quasi due metri di neve. Sono già trascorsi 10 anni, tutto iniziò il 31 gennaio 2012, quei 12 giorni di febbraio nella morsa delle incredibili nevicate e del gelo sono più vivi che mai nella memoria di tutti. L'ex sindaco Lucchi fu sicuramente in prima linea in quei giorni di grande emergenza.

Quasi 2 metri in città e quasi 3 nelle aree collinari, il nevone del 2012 minacciò l'inverno "inarrivabile" del 1929 come nevicata più tremenda?

Nella sua prefazione al libro “Il Nevone del ’12, racconto collettivo di come Cesena ha affrontato l’emergenza di febbraio e si è riscoperta comunità ai tempi di internet”, il meteorologo Luca Mercalli scrive testualmente: ”La storia cesenate è punteggiata da numerose ondate di neve. Prime fra tutte quelle del 1929 e del 1956, superate tuttavia dalle imponenti nevicate del 2012“. Ma “l’àn de nivoun” (il 1929), dalla sua ha una narrazione di felliniana memoria in “Amarcord”, che lo rende forse più impattante.

Cosa ricorda di quei giorni del febbraio 2012 dal punto di vista delle sensazioni, delle paure e delle emozioni, in particolare nei primi momenti?

I giorni difficili iniziarono il 31 gennaio poiché, nonostante il “Piano neve” (gestito da fuoriclasse come i dirigenti comunali Gualtiero Bernabini, Natalino Borghetti, il Segretario generale Manuela Mei) fosse già stato attivato sin dalla mattina (con tutti gli spazzaneve all’opera e sale in abbondanza per le strade), ci scontrammo con previsioni meteo che avevano sottovalutato la portata di una nevicata che non sarebbe stata normale. Sin dalle prime luci dell’alba trovammo la pianura coperta da 10 centimetri di neve, la collina da 30/40, mentre la Prefettura chiuse E45 e Secante, quasi paralizzando il traffico cittadino e molte imprese furono costrette a chiudere. Lì capimmo che non avremmo dovuto affrontare solo una nevicata, ma un vero e proprio blocco della nostra città.

Quando si trovò di fronte ad una simile emergenza, quali furono le priorità di intervento?

Le stabilimmo minuto per minuto, soprattutto quando iniziarono ad arrivare le segnalazioni delle prime famiglie isolate (alla fine ne contammo un centinaio, disseminate soprattutto tra Formignano, Tessello, Casalbono, Luzzena, Paderno, Roversano), che cercavano aiuto per la spesa, perché impossibilitate a muoversi da case sommerse dalla neve, di quelle senza neppure la luce. E poi iniziammo a preoccuparci di tetti ed edifici sovraccarichi di neve, sui quali organizzammo centinaia di controlli, anche aiutati dai Vigili del fuoco giunti damezz’Italia.

Fu un evento che fece scattare una mobilitazione tra i cittadini in aiuto delle autorità preposte? Fortificò il senso di comunità?

Passati i primi giorni di stupore per la quantità di neve caduta, i cesenati si rimboccarono le maniche, facendo la differenza. Imparai in fretta che bastava lanciare un appello (prima timido, magari a pulire il marciapiede di fronte a casa, poi più convinto, a trovarsi per liberare strade, piazze, ingressi delle scuole, che avevamo chiuso quasi subito, a raccogliere generi di conforto per i senza fissa dimora, che stavamo cercando di coccolare un po’), per trovarsi circondati da decine e decine di volontari (giovanissimi ed anziani, universitari e scout, militanti politici, sindacali, del volontariato sportivo e sociale), con l’unico problema di riuscire ad organizzarli al meglio, fornendoli in ogni quartiere di pale, vanghe, scope. Fummo tutti travolti da questo spirito di comunità, che ci rese orgogliosi, fece recuperare il sorriso a tanti ed isolò gli ormai pochi propagatori di sventura su Fb.

Ci furono in quei giorni decine e decine di interventi per aiutare persone bloccate e isolate a causa della neve, ma c'è una storia, un intervento di soccorso, qualche aneddoto, che ricorda come particolare e significativo in quei giorni concitati?

Potrei citare tanti episodi ed aneddoti ma, ricordandone solo uno, farei torto alle volontarie ed ai volontari della Protezione civile cesenate che, coordinata dal dirigente comunale Gianni Gregorio, in poco tempo, riuscirono a raggiungere tutte le famiglie isolate, rassicurandole, fornendole di beni alimentari e di conforto, garantendo alle persone fragili ed ammalate la continuità dei servizi di assistenza socio-sanitari. Fu bellissimo, anche perché la nostra Protezione civile era stata creata da poco e, anche se fu subito mandata “in trincea”, se la cavò alla perfezione.

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I disagi colpirono le famiglie, ma ovviamente anche le imprese. Ci fu qualche imprenditore che pagò un conto particolarmente salato? E' stato adeguatamente indennizzato?

I disagi maggiori furono relativi al crollo di capannoni e serre. Inoltre, più imprese furono costrette a chiudere e tante per giorni e giorni non poterono ricevere forniture, poiché i camion non potevano raggiungerle. A quelle imprese in alcuni casi, ma non sempre, sono giunti risarcimenti. Ma anche la collettività cesenate subì danni evidenti, poichè non fummo indennizzati, se non in piccola parte, delle spese sostenute nella gestione del Nevone. Ma, come tutti sappiamo, sino ad oggi in Italia i finanziamenti per gli stati di emergenza vengono spesso promessi, senza che poi gli aiuti concreti del Governo siano all’altezza……

Quanto furono importanti i social network già a quel tempo per tenere aggiornati i cittadini su una situazione così delicata? Quale fu la strategia affinché nessuno si sentisse 'solo'?

Passate le prime ore di sorpresa, decidemmo di metterci in auto. E così (con un team di solito formato da Alberto Monti, alla guida della mitica Fiat Croma del Comune, da Tommaso Dionigi, il mago dei social e non solo, dal sottoscritto), dalla mattina a notte iniziammo a percorrere ogni angolo di Cesena per controllare quali effetti stesse causando la neve, quali interventi fossero necessari e scegliendo di informare i cesenati in presa diretta, attraverso Fb, di ciò che vedevamo e delle scelte che stavamo facendo. E lì ci fu la svolta, perché i cesenati da “criticoni” si trasformarono in protagonisti attivi, segnalando i problemi da risolvere, ma anche mettendosi a disposizione.

Quale momento ricorda in negativo e quale è il momento in cui lei riuscì a vedere la luce in fondo al tunnel?

In quei giorni a far capire a noi cesenati la gravità della situazione, furono tanti episodi, ma uno in particolare: il cedimento di una parte del tetto del Carisport, avvenuto il 5 febbraio. Fu un momento difficilissimo, ma gestito alla perfezione dal Dirigente ai Lavori pubblici Gualtiero Bernabini, che, anche rischiando personalmente, non mollò mai quel cantiere, restando senza dormire quasi per 36 ore consecutive. Quando capii che ne stavamo uscendo? Quando tornò in campo anche la goliardia, che raggiunse il suo apice con la battuta diffusissima che ricordava come “la neve caduta a Roma (obiettivamente poca, ma che mandò in tilt la capitale), noi romagnoli l’avremmo spalata con le infradito ai piedi”. Quando noi romagnoli, dopo esserci rimboccati le maniche, torniamo anche a ridere, significa che il pericolo ormai non è più tale.

Furono 14 giorni di gelo e disagi, tanto lavoro e sacrifici, ma ci fu un momento, una fotografia, un panorama per ricordare che la neve è anche magia, e una meraviglia della natura?

A casa ho una foto stupenda, che mi ritrae con altri a Borgo Rose, a ridosso di Borello, con dietro un muro di neve alto 3 metri, incorniciato da un sole luminosissimo. Nella foto siamo sorridenti: avevamo appena riaperto al traffico quella strada. Perché in quei giorni la meraviglia della natura era la natura stessa, ma anche la certezza che eravamo stati cavaci di tenerla sotto controllo.

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