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Cronaca

Svolta epocale alla CRC, Piraccini: "Banca sicura, difese le imprese e i depositi dei cesenati"

Dopo l'assemblea che cambia tutto all'interno della Cassa di Risparmio, dopo 175 anni, cosa cambierà per l'economia di Cesena? L'intervista a Bruno Piraccini

Dopo l'assemblea che cambia tutto all'interno della Cassa di Risparmio, quella di domenica, e che segna la fine della “proprietà locale” del principale istituto di credito cittadino, dopo 175 anni, cosa cambierà per l'economia di Cesena? Come ne esce il territorio e che sostegno l'economia cesenate troverà nella nuova CRC nei prossimi difficili anni? Le incognite sono molte, le previsioni quasi impossibili.

Con il voto dell'assemblea dei soci al Carisport di domenica mattina, il Fondo interbancario di tutela dei depositi presto diventerà l'azionista che deterrà la quasi totalità della proprietà delle azioni, dopo una ricapitalizzazione che toccherà quota 280 milioni di euro. Le fondazioni bancarie di Cesena, Faenza e Lugo (che fino a ieri detenevano i due terzi delle azioni) e oltre diecimila piccoli azionisti vedono di fatto azzerarsi il valore delle azioni, che piomba da oltre 10 euro a 0,5 euro l'una. Questo permetterà di salvare, dolorosamente, la CRC dal peso schiacciante di 252 milioni di euro di perdite iscritte nel bilancio 2015, dopo diverse rettifiche che di fatto hanno concentrato il peso delle sofferenze e del credito ormai deteriorato, prima di tutto per gli investimenti consistenti della CRC in grandi progetti edilizi privati che poi si sono bloccati. Questo significa, nell'immediato che la CRC è salva, gli azionisti molto più poveri (tutelati parzialmente col meccanismo dei 'warrant', che saranno utili se le quotazioni delle azioni torneranno a salire) e le Fondazioni bancarie con un'operatività molto limitata e quindi con ricadute negative su quanto era sovvenzionato, dalla cultura alla sanità, dal sociale al sostegno all'innovazione e sviluppo. 

Ma cosa accadrà all'economia del territorio dopo un cambiamento epocale per la CRC? Ne parliamo con Bruno Piraccini, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena.
“Abbiamo scollinato, l'incertezza è finita e da oggi la banca può tornare a crescere, dato che diventa una delle banche più forti. Il beneficio per il territorio da oggi è che c'è una banca sicura, in grado di tutelare i depositi e in prospettiva di rilanciare con gli investimenti”.

Non c'era un modo, per esempio degli accordi, per garantire almeno una via formale di radicamento territoriale?
“La migliore garanzia del territorio è quando i suoi interessi collimano con quelli di chi gestisce un'azienda come è la banca. Il futuro non è il Fondo Interbancario in sé, ma l'aggregazione ad un grosso istituto di credito. Questo soggetto avrà un interesse a trattare bene la sua nuova clientela (quella tradizionale è rappresentata da imprenditori e risparmiatori del territorio, ndr)”.

Non c'è quindi un rischio di stretta creditizia?
“Il grosso problema del credito, ora, è che il mercato non riceve, pur essendoci la disponibilità, con molte imprese che scontano ancora una crisi che non è superata”.

La banca, però, perderà la sua autonomia.
“Sta accadendo quello che accade a livello nazionale. Il Governo e l'Unione Europea ci indicano che le piccole banche si devono aggregare in grandi gruppi. Noi nutriamo qualche dubbio sulla bontà di questo quadro politico, ma si va nella direzione indicata dalle autorità. E' già accaduto a Forlì e in moltissime altre parti. Certo, ci arriviamo con grossi sacrifici degli azionisti, di cui bisogna avere il massimo rispetto: l'azionista di una banca locale non è un'azionista speculativo, come abbiamo visto in assemblea. La perdita di valore delle azioni è una perdita per il territorio, ma il mercato azionario delle banche è diminuito del 90% in generale, a Cesena questo è capitato tutto in una volta”

Si è chiesto alla Fondazione di esprimere dei 'no' su bilancio e sul percorso intrapreso.
“In questi mesi abbiamo discusso molto con le autorità come la Banca d'Italia e non è stato trovato lo spazio per progetti diversi, che semplicemente non c'erano. Per il resto, spesso, non si coglie la differenza tra la Fondazione e la banca: la Fondazione non può mettere il naso nella gestione. C'è un cda, un collegio di revisori dei conti e la sorveglianza della Banca d'Italia. Non possiamo interferire i bilanci li leggiamo come gli altri azionisti”.

Gli effetti sulla Fondazione e sulla sua capacità di azione saranno pesanti?
“La Fondazione non aveva dividendi già da due anni, ma prima c'era la prospettiva di cedere quote e quindi realizzare così, ora non più. Ci saranno minori capacità della Fondazione, ma già da prima le nostre erogazioni erano inferiori al milione di euro. Dovremo rivedere i programmi, in particolare la Fondazione non potrà portare avanti progetti di grandi dimensioni. Ma non disperiamo, da tempo si è creata una rete di aziende in grado di soddisfare quest'esigenza. Sono state create iniziative come 'Romagna solidale', che con l'aiuto delle sistema economico può dare risposte sul piano delle povertà e dell'emarginazione. Su questi temi anche l'Amministrazione Comunale sta facendo grandi cose". 

Ci sono fondazioni, nelle città vicine, come per esempio Forlì, in cui le erogazioni e il sostegno al territorio è alto.
“Chi negli anni 2000 ha fatto la scelta, diversa dalla nostra, di cedere il controllo della banca, ha visto indubbi benefici che indicano che la loro strada era giusta. Il progetto di altre città, tra cui Cesena, di mantenere delle banche del territorio si è scontrata contro una crisi che, nei primi anni 2000 non era prevedibile e che non ha avuto pietà. Tuttavia, di fronte alla scelta di mettere in pericolo i depositi e il futuro delle imprese non c'era alternativa. La banca viene rimessa a posto, vengono difesi i posti di lavoro, che sono la vera ricchezza di un territorio. L'impatto grosso è per gli azionisti di cui, ripeto, ho grande rispetto e il cui impatto in termini di sofferenza sulle rispettive vite è molto diversificato. Il sacrificio degli azionisti è un arricchimento per una struttura che continuerà a sostenere il territorio ”.

In molti stanno annunciando azioni di responsabilità. La Fondazione ci ha mai pensato?
“Non abbiamo preso in esame quest'opzione e non mi esprimo. Quando parlo per la Fondazione spiego riflessioni e deliberazioni di organi societari e non intendo esprimermi a livello personale. Vorrei però aggiungere un dato di base: non vuole essere una giustificazione, ma quanto viviamo a Cesena è accaduto in molte altre parti del nostro Paese e continuerà a capitare. E' solo una tappa di una crisi complessa. Il vero superamento di questi problemi, delle banche e delle imprese, è la crescita economica, che genera posti di lavoro e benessere”.

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