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Economia

Il 64% delle cooperative chiude in utile il 2023, Legacoop: "Ma i prossimi mesi sono pieni di incertezze"

"Lo scenario nazionale e internazionale che ci attende — dichiara il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi — fa percepire alle  imprese cooperative romagnole i prossimi mesi come pieni di incertezze"

 Sarà un 2024 di alti e bassi per l’economia romagnola, alle prese con segnali negativi  a livello nazionale e una difficile opera di ricostruzione post alluvione. La risposta del movimento cooperativo? Investimenti da parte delle imprese, che decidono di rimanere sul territorio per svolgere una funzione “anticiclica”, ovvero di segno opposto al periodo economico negativo.

È quanto si attende Legacoop Romagna, che nell’area vasta associa circa 380 imprese, con 7,3 miliardi di valore della produzione, oltre 25 mila occupati e 324 mila soci.

Da Roma continuano ad arrivare segnali poco rassicuranti: stagnazione, debito in crescita, risorse in calo per i servizi pubblici essenziali e la sanità, inflazione che pesa tantissimo specie sui redditi più bassi, ritardi e farraginosità nei fondi per l’alluvione. Anche la mancata ratifica del MES è fonte di preoccupazione, perché aumenta l’instabilità a livello europeo.

I segnali di ottimismo sono tutti a livello locale. Secondo il Centro Studi di Legacoop il 2023 chiuderà in utile per il 64% delle cooperative, con fatturato in crescita per il 58% delle associate. Un andamento ancora positivo, dunque, in linea con i risultati del 2022, che avevano portato il valore della produzione delle imprese associate a 7 miliardi e 300 milioni (+ 16,7% sul 2021) e l’occupazione a +4,1%, pari a mille occupati in più, per un totale di oltre 25 mila lavoratori impiegati.  

A ciò si aggiunga che  il 65% delle cooperative ha pianificato o avviato per il prossimo triennio nuovi investimenti in innovazione e tecnologia, con l’obiettivo di intraprendere la strada dell’autonomia energetica e di aumentare performance di produzione e prospettive sui mercati di riferimento. Un dato che sale all’81% nelle cooperative agroalimentari (più delle altre sottoposte alla crisi climatica, ma ben lontane dall’arrendersi), al 70% nei servizi, al 75% fra le cooperative sociali e che scende fra le cooperative di produzione e quelle culturali. Nuovi investimenti che, analizzati per provincia, interesseranno il 77% delle cooperative ravennati, il 59% di quelle forlivesi e cesenati e il 44% delle imprese associate che operano nella provincia di Rimini.

Insomma, è la Romagna che cerca di far da traino a se stessa, con risorse proprie, all’interno di un sistema regionale che continua a essere un riferimento nazionale.

 Il 69% delle imprese (che diventa un 78% a Forlì-Cesena, 61% a Ravenna e 69% a Rimini) ha dichiarato che la Romagna si sta modernizzando: una percezione positiva sull’andamento del nostro territorio su cui la cooperazione continuerà a voler incidere, puntando, come sempre, a crescere. La tendenza all’investimento in ambito cooperativo romagnolo nel 2024, riguarda soprattutto i settori più colpiti dall’alluvione del maggio scorso (e cioè quello agricolo ed agroalimentare) e, ancor prima, dalla pandemia (quello dei servici sociali e socio sanitario),

«Lo scenario nazionale e internazionale che ci attende — dichiara il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi — fa percepire alle  imprese cooperative romagnole i prossimi mesi come pieni di incertezze. Eppure, in questo quadro tutto meno che rassicurante, cogliamo anche un fortissimo segno di vitalità, che indica una controtendenza più che positiva. È il segno che deriva da una propensione all’investimento - in nuove tecnologie, in innovazione dei processi di produzione e di prodotto, in formazione del personale -, che mette in luce una vitalità non comune a tutti i settori economici del nostro territorio, come evidenziato anche recentemente, con una qualche preoccupazione, dalla Camera di commercio della Romagna e dal suo Presidente Carlo Battistini».

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