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Cronaca

Tumori al colon-retto, la prevenzione funziona: sopravvivenza aumentata

50mila sono le persone invitate al controllo ogni due anni, cresce il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi del tumore secondo i dati forniti dall'Ausl. Una neoplasia su dieci riguarda questo ambito

Sono la prevenzione e la diagnosi precoce le armi più efficaci per proteggere se stessi e i propri familiari dal tumore al colon-retto.  Il dottor Mauro Palazzi, responsabile del Programma Screening Oncologici dell’Azienda Usl di Cesena e il dottor Paolo Pazzi, coordinatore tecnico scientifico dello screening per il tumore al colon retto, sottolineano l’importanza di aderire allo screening per prevenire questo tumore che oggi rappresenta il 12% delle neoplasie che colpiscono gli uomini e l’11% di quelle che interessano le donne. Grazie ai progressi compiuti negli ultimi anni sul fronte della diagnostica precoce e della terapia, nel cesenate la sopravvivenza a 5 anni per questo tipo di tumore è arrivata al 64% negli uomini e al 58% nelle donne, risultato migliore della media nazionale: 58% per gli uomini e 57% per le donne. Lo rivela l’indagine realizzata dal Servizio Epidemiologia e Comunicazione del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl di Cesena.

Il tumore al colon retto - In Italia, fra le cause di morte per tumore, il colon-retto è la seconda in ordine di frequenza sia fra gli uomini (10,7% di tutti i decessi tumorali) sia fra le donne (11.9%). Nel periodo 2003-07 si sono registrati nei residenti nei Comuni del Cesenate 518 nuovi casi di tumore al colon retto tra gli uomini (108 casi in media per anno) e 408 tra le donne (82 casi in media per anno). Nello stesso periodo a causa di questo tumore sono morti 169 uomini e 187 donne.

“L’incidenza di nuovi casi e la mortalità per questo tumore cominciano a manifestarsi nella popolazione con più di 40 anni – sottolinea il dottor Mauro Palazzi, responsabile del Programma Screening Oncologici dell’Azienda Usl di Cesena – e aumentano progressivamente all’aumentare dell’età. Il rischio di avere una diagnosi di tumore del colon-retto nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 50,9% fra i maschi (circa 1 caso ogni 20 uomini) e di 31,3% fra le femmine (circa 1 caso ogni 32 donne)”.

 Lo screening nel territorio cesenate: modalità e adesioni - Avviato in Emilia Romagna nel 2005, lo screening per il tumore del colon-retto prevede per le persone tra i 50-69 anni di età la possibilità di eseguire gratuitamente ogni due anni il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (test di 1° livello). In caso di presenza di sangue viene eseguita una colonscopia, anche questa gratuita. Le persone interessate al programma nel territorio cesenate sono circa 50.000, (25.000 ogni anno). L’adesione nel 2010 è risultata pari a 49%, dato di poco inferiore alla media regionale, ma in crescita rispetto all’anno precedente. Se si considerano anche le persone che eseguono questo test preventivo al di fuori del programma di screening, la percentuale sale al 61% (Indagine PASSI 2007-2010), in linea con il dato regionale (63%). Il programma regionale prevede inoltre un intervento rivolto ai 70-74 enni, ai quali si consiglia l’esecuzione di una colonscopia dopo una valutazione da parte del medico di Famiglia. Un ulteriore gruppo di popolazione interessata dal programma di screening è rappresentata dai familiari di persone con diagnosi di tumore del colon retto. Studi epidemiologici evidenziano che i familiari di primo grado  (genitori, figli o fratelli) dei pazienti con questo tumore hanno un rischio di sviluppare la stessa neoplasia tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Dal 2007 è stata avviata una ricerca attiva dei casi diagnosticati per l’identificazione dei familiari a rischio; a questi viene offerta gratuitamente la possibilità di eseguire una colonscopia.

I dati più recenti - Nel  2010 nell’Ausl di Cesena sono stati eseguiti 11360  test per la ricerca di sangue occulto nelle feci e in 426 (circa il 4%) dei test è stata riscontrata la presenza di sangue, dato in linea con la media regionale. La presenza di sangue non significa sempre presenza di neoplasia, in quanto è più frequentemente dovuta a cause quali ragadi, emorroidi o altra patologia di modesta gravità. In circa il 25-30% dei casi è dovuta alla presenza di un adenoma avanzato (lesione precancerosa) o di un tumore. E’ quindi raccomandato approfondire la situazione con una colonscopia.

“Quasi tutte le persone (circa 90%) – precisa il dottor Paolo Pazzi, direttore del Dipartimento di Medicina Internistica e coordinatore tecnico scientifico dello screening – accettano di sottoporsi a questi ulteriori accertamenti. Sui 373 soggetti che si sono sottoposti all’esame colonscopico, sono stati diagnosticati 12 tumori, 89 adenomi in stadio avanzato e 79 in fase iniziale. Tutti sono stati rimossi, la maggior parte direttamente nel corso dell’esame endoscopico e per i casi più gravi con intervento chirurgico”.

Un valido supporto nell’esecuzione delle colonscopie è stato fornito attraverso un contratto per uno specialista gastroenterologo finanziato da alcune associazioni locali – Associazione Cesenate Incontinenti e Stomizzati,(ACISTOM) Associazione Romagnola Ricerca Tumori (ARRT), Istituto Oncologico Romagnolo (IOR) e Lega Tumori di Forlì-Cesena (LILT,) – che finanziano anche la presenza per 8 ore settimanali di una psicologa a disposizione dei familiari. Grazie a questi due professionisti che hanno integrato gli staff aziendali dedicati allo screening, è stato possibile garantire l’esecuzione della colonscopia entro i 30 giorni dalla diagnosi a circa il 90% delle persone. Nell’Ausl di Cesena dal 2007 al 2011 sono state in totale 329 le persone contattate a cui è stato diagnosticato un tumore colo rettale e attraverso le quali è stata costruita una banca dati di 1.215 familiari. Di questi ultimi il 28% è risultato in età a rischio ed è stato invitato ad eseguire una colonscopia. I restanti familiari verranno contattati al raggiungimento dell’età prevista dal protocollo (50 anni compiuti o se più giovane al raggiungimento di una età minore di 10 anni rispetto a quella di diagnosi di tumore nel familiare).

L’importanza della prevenzione - La prevenzione primaria è mirata a eliminare o ridurre i fattori considerati presumibilmente causa di insorgenza e sviluppo del tumore, vale a dire la sedentarietà, l’eccessivo consumo di grassi animali e di carne bovina, un’alimentazione ipercalorica con conseguente sovrappeso o obesità e un eccessivo consumo di bevande alcoliche (più di due bicchieri di vino al giorno). La prevenzione primaria mira anche a promuovere i comportamenti che sembrano avere un impatto protettivo, in particolare la pratica quotidiana di attività fisica moderata (almeno 30 minuti al giorno) e un’alimentazione ricca di frutta e verdura (consumo di almeno cinque porzioni al giorno)

 

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