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Lunedì, 29 Aprile 2024
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I 'Cau' non convincono la Lega: "Progetto confuso, i cittadini costretti a fare una auto-diagnosi"

"Il paziente deve infatti decidere se il suo malanno sia da codice bianco o verde o più grave", incalza la consigliera leghista

“Sui CAU solo parole dai vertici sanitari. Anche il vicepresidente dell’Ordine dei medici di Forlì-Cesena non riesce a dare spiegazioni esaustive sulla riforma dell’emergenza-urgenza, già ampiamente criticata da operatori della sanità, sindacati e cittadini che ne hanno ravvisato i limiti ma anche i pericoli. Il vicepresidente dell’Ordine parla dei CAU come di una ‘buona idea’ che dovrebbe intercettare le necessità di risposta di pazienti con codici di media gravità e che non hanno l’immediata disponibilità del medico di medicina generale. Opinione rispettabilissima ma che si scontra con la realtà”. Così in una nota Antonella Celletti (Lega).

“Nessuno infatti spiega chiaramente quanti medici e infermieri siano operativi fin da subito nei singoli CAU che, ricordiamolo, dovrebbero essere aperti 24 su 24 per 7 giorni alla settimana come è stato dichiarato per il CAU di Mercato Saraceno inaugurato in questi giorni. Il rischio di lunghe attese, infatti, non è peregrino se già nei primi mesi di funzionamento l’attesa media nei CAU esistenti si attesterebbe, secondo la sanità regionale, intorno all’ora, anche se i dati risultano in qualche modo confusi. Ma il problema più evidente è quello dell’auto-diagnosi. Il paziente deve infatti decidere se il suo malanno sia da codice bianco o verde o più grave. Tutti sappiamo dei cosiddetti ‘accessi impropri’ ai Pronto soccorso e della necessità di prevenirli per evitare le attuali lunghissime attese. Ciò non toglie che l’elenco dei sintomi per cui accedere ai CAU, pubblicato dalla stampa, rischia di scadere nel ridicolo tanto è generico e confuso. I CAU così come pensati dalla Regione non sono la soluzione, il rischio è che la sanità regionale punti su questi centri per sostituire i pronto soccorso anche dove ne sarebbe essenziale la presenza, per esempio nelle aree disagiate, e per depotenziare i punti di continuità assistenziale (le ex guardie mediche) presenti capillarmente sul territorio”.

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