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Redazione

La politica, i leader e le emozioni

Per la psicologia, ed in particolare per la psicologia sociale, non è sempre immediato riuscire a considerare gli avvenimenti della politica in un ottica di indagine sistemica e generale. Gli eventi politici hanno una natura intrinsecamente caotica, si sviluppano come anarchie organizzate. La complessità è data dall’aumento esponenziale dei fattori in gioco, poiché la politica riguarda azioni che vanno a toccare da migliaia a milioni di persone in diversi e possibili aspetti materiali, comportamentali ed emotivi.

La politica in Italia sta attraversando un momento assai particolare. La decadenza di Silvio Berlusconi può esser vista un aspetto di un quadro più generale che riguarda le caratteristiche delle diverse leadership e di come stanno mutando nel contesto politico. Un tema da tempo studiato nella psicologia sociale è proprio quello della leadership. C’è una classica distinzione in questi studi tra leader socio-emozionale e leader centrato sul compito: nel primo caso il comportamento del leader mira ad assicurare un clima armonioso nel gruppo mostrando considerazione verso i suoi componenti, nel secondo il leader cerca di realizzare il compito, di raggiungere gli obiettivi mostrando e stimolando le migliori idee ed organizzando il lavoro di gruppo. L’attuale particolarità che stiamo ora vivendo in Italia è la nascita delle leadership ‘extraparlamentari’ sui principali partiti. Dopo le elezioni il leader indiscusso del Movimento 5 Stelle approdato in parlamento è sempre il comune cittadino Beppe Grillo. Dopo il 27 novembre anche Berlusconi è a tutti gli effetti un extraparlamentare. E nel Partito Democratico le primarie hanno decretato la leadership di Renzi, che sempre da fuori il parlamento vuole traghettare il partito verso una nuova fase politica. Queste tre personalità presentano buoni aspetti da leader socio-emozionali, e proprio il loro essere extraparlamentari può potenziare tali aspetti agli occhi degli elettori. Allo stesso tempo però tra le caratteristiche delle loro leadership vi sono elementi che le possono rendere negative.

Berlusconi da vent’anni è leader indiscusso sia per i suoi compagni di partito sia per i suoi elettori, cui trasmette emozioni ed un senso di socialità. Per le imprevedibili vicissitudini della politica e della storia la forza di tale leadership si è infiacchita, ma egli ha cercato sempre con successo di arginare i danni con un uso spregiudicato della comunicazione attraverso i suoi mezzi televisivi. Con uno stile autoritario e impermeabile ad ogni reale dibattito interno, la leadership di Berlusconi è stata distruttiva verso ogni dissenso; se da un lato col tempo si son persi elettori e compagni di strada (in primis Fini e Alfano), dall’altro questo stile ha garantito un ampio zoccolo duro sia tra i suoi elettori sia tra i membri di partito. L’emanazione del suo fascino ha reso complici e alleati i suoi collaboratori, i quali si son dati all’elogio e al supporto del capo, alla svalutazione di chi si oppone e ad attacchi ripetuti e circoscritti contro i dissidenti. Così abbiamo visto gli insulti che i membri della neo-rinata Forza Italia hanno rivolto verso i secessionisti di Alfano. Secondo recenti ricerche queste dinamiche tipiche del mobbing organizzativo sono frutto di una leadership ‘tossica’, che basa il proprio consenso e la propria attrattività sulla coercizione. Ricompattati i suoi nel nuovo vecchio partito di sempre, Berlusconi ora dovrà rilanciare da fuori il parlamento il suo carisma tra gli elettori, proprio come Beppe Grillo. Contrariamente a quest’ultimo, però, Berlusconi lo farà esclusivamente dalla televisione; egli infatti non ha mai usato i vantaggi comunicativi di internet, se non altro per ragioni anagrafiche, ed a questo punto della sua vita politica egli mira a riconfermare il proprio consenso presso le persone maggiormente fruitrici di televisione che abbiano già votato per lui. La stagione politica di Berlusconi potrebbe non esser ancor conclusa.

Grillo invece è stato il primo leader extraparlamentare del trascorso 2013. Egli è rivolto messianicamente ai giovani e al futuro, fatto di rete e di continua ricerca di informazioni dentro di essa. La sua politica è ondivaga su varie tematiche perché pronta ad intercettare gli umori della rete. La sua leadership si mantiene anche grazie ad uno stile autoritario che si manifesta soprattutto nei confronti dei suoi parlamentari. Molte dichiarazioni, molte esternazioni, molti fatti ed episodi che si sono susseguiti da quando il M5S è approdato in parlamento hanno probabilmente disorientato, deluso o allontanato alcuni elettori di sinistra; in particolare molti sono rimasti perplessi quando Grillo ha sconfessato i suoi parlamentari che avevan votato per abolire il reato di clandestinità. Ma se alcune persone se ne vanno, altre si potrebbero avvicinare, attratte dalle diverse tematiche o da fattori socio emozionali come la percezione di esser ascoltati. Anche il comportamento autoritario di Grillo può essergli nocivo in termini di consenso, ma può sicuramente servire a confermare il voto di molte persone o ad attrarne anche di nuove.

Nel PD invece ha vissuto un’animata fase congressuale conclusa con le recenti primarie. Il partito inoltre, in tale momento storico, vive una schizofrenia diffusa tra componenti ed elettori, dovuta al dilemma se proseguire con il governo ormai non più di larghe intese o se lanciarsi nell’avventura delle elezioni. Renzi, un altro attuale protagonista politico extraparlamentare, intende presentarsi come il leader nuovo e votato al cambiamento, puntando sulla sua stessa giovinezza e su un carattere sbarazzino, da ‘bischero’, che vuol anche rompere con un’idea stereotipata della sinistra triste, grigia e seriosa. Come è stato detto più volte, e recentemente anche da Curzio Maltese, egli è molto simile a Blair, sia per lo stile comunicativo sia per l’idea di partito e di sinistra. Come Blair, Renzi vuole con molta sicumera imprimere una svolta al partito, cercando di renderlo capace anche di attrarre voti non di sinistra attraverso politiche o tematiche di interesse generale per i diversi ceti sociali. Con un nucleo di idee tendenzialmente centriste, Renzi è riuscito ad attrarre sempre più persone all’interno del PD probabilmente perché il suo carattere esuberante e sicuro ha trasmesso la sensazione di poter sperare in un reale cambiamento presso persone di sinistra ormai infiacchite da vent’anni di berlusconismo e desiderose di un qualsiasi riscatto a qualunque costo. Renzi però, forse proprio per la sicurezza con cui porta avanti il suo progetto e per la scarsa tendenza a negoziare le sue proposte, incontra ancora un’ampia resistenza, se non ostilità, presso buona parte dell’opinione comune di sinistra. Per esser un buon leader Renzi dovrà tener allora in conto di non prevaricare, di non metter da parte il contributo delle altre idee e degli altri progetti presenti nel partito.

Un buon leader, secondo molti studi di psicologia sociale, cerca di mediare, di trarre ciò che accomuna prospettive apparentemente diverse, di imparare dai diversi contributi e di lasciar qualcosa al gruppo nel complesso.

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