Le lettere dalla trincea al centro di una conferenza degli Amici della Malatestiana
Gli Amici della Malatestiana invitano ad una conferenza in programma domenica 21 febbraio alle ore 10,30 (Sala Lignea, Biblioteca Malatestiana) con Giuseppe Bellosi bibliotecario e coautore di un libro sull’argomento delle lettere dei soldati cesenati nella Grande Guerra.
Presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena è conservata una tra le più consistenti raccolte italiane di autografi di soldati della Prima Guerra Mondiale, realizzata a partire dal 1915, come parte di una vasta ricerca promossa dal Comitato nazionale per la storia del Risorgimento: sono circa duemila lettere e cartoline di militari cesenati, di ambito popolare, soprattutto contadino.
Giuseppe Bellosi e Marcello Savini hanno studiato tale fondo e scelto oltre trecentosettanta testi tra i più significativi, che costituiscono una documentazione di straordinaria importanza.
Sul tema i due autori hanno pubblicato un libro edito da Il Ponte Vecchio e Giuseppe Bellosi, direttore della Biblioteca di Fusignano (Ravenna), ne traccia i punti fondamentali nella conferenza prevista per domenica 21 febbraio alle ore 10,30 (Sala Lignea, Biblioteca Malatestiana) nell’ambito degli incontri domenicali previsti dalla rassegna “Viaggio tra i tesori della Malatestiana”. Organizzata dall’Associazione Amici della Malatestiana.
La forte valenza storica e umana di questi scritti, si legge nella prefazione del libro, sta nel testimoniare il colpo lacerante che la Grande Guerra inflisse a un tessuto esistenziale ordito di secolari esperienze. Il popolo contadino, da sempre investito nella sua quotidianità dalla violenza fatta di fame, di malattie e di guerre, aveva mantenuto una sua fissità nello spazio; ora veniva deportato a centinaia di chilometri di distanza e gettato in una devastante fornace che fece deflagrare reazioni individuali e collettive prima sconosciute, in una durissima condizione di solitudine psicologica. Di qui l'ansiosa necessità di comunicare, di chiedere, di sapere, piegandosi a uno strumento mai maneggiato prima dai più: la scrittura. Il che significava scontro con le parole, affanno per organizzarle, ricorso a chi sapeva scrivere, per confezionare messaggi di rassegnazione, di ubbidienza, di ribellione, di idealismo ingenuo, di esibizionismo ardito, di rimpianto di luoghi e tempi perduti. La lettura di questi messaggi conferma la possibilità di fare la storia dei subalterni, i quali, da una guerra che inghiottì in quattro anni e su fronti vastissimi milioni di morti e provocò milioni di invalidi, furono catapultati sulla prima linea della storia. Questi soldati della Romagna, strappati alla loro cultura, lentissima ad evolversi e funzionale all'ordine sociale esistente, immersi di colpo nell'universo concentrazionario della trincea, negli assalti apocalittici e nell'atmosfera allucinata dei campi disseminati di cadaveri, traumaticamente si "culturalizzano" e formano un "parlante collettivo" che lo storico, e non solo lo storico, deve sapere ascoltare.