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Cronaca

"Lei ha tre anni di vita", ma cinque primari smentiscono. Il paziente: "Sconvolto e deluso". L'Ausl: "Pronti al chiarimento"

"Avrò un colloquio con la responsabile del reparto del Bufalini, ciò che lamento è la mancanza di sensibilità, non si poteva non considerare l'impatto devastante che una notizia del genere ha avuto sulla mia già difficile vita"

Una brutta patologia al fegato, l'angoscia per una diagnosi nefasta: "Le restano due o tre anni di vita", il rammarico per gli errori commessi nella propria vita, la preoccupazione di dover sistemare anche le cose materiali come l'eredità, ma anche il pensiero di compiere atti autolesionistici. Sono tutti gli ingredienti della storia di un paziente 60enne che è stato in cura per tanti anni all'ospedale Bufalini di Cesena.

Ad un certo punto (dopo 20 anni) la decisione di cambiare struttura sanitaria, perchè? "Penso - spiega lo stesso paziente -che la dottoressa che seguiva il mio percorso abbia messo in atto alcuni comportamenti che definirei discutibili".

Nel dettaglio il paziente, che è purtroppo gravato da diversi problemi di salute, lamenta con amarezza e rammarico "molte pressioni della dottoressa per farmi accettare una terapia con un nuovo farmaco. Alla mia domanda sulle possibili conseguenze circa la non accettazione di questa terapia e, più nello specifico, sull’aspettativa di vita senza tale farmaco, lei ha risposto che mi sarebbero rimasti 2-3 anni di vita". Una notizia che arriva come un macigno perché come spiega il 60enne "questa cosa ha letteralmente sconvolto le mie giornate, già parecchio difficili considerati i miei diversi problemi di salute. Ho deciso dopo 21 anni di trasferirmi nel reparto dell'ospedale di Faenza dove ben cinque medici tra primari e radiologi hanno smentito l’infausta prognosi  della dottoressa del Bufalini". 

E proprio qui che si arriva al nocciolo della questione, il paziente non si dà pace e forte delle consulenze di cinque primari che smentiscono quella diagnosi così nefasta, chiede lumi alla responsabile del reparto dell'ospedale Bufalini. La risposta lo delude ancora di più. Una diagnosi del genere sarebbe stata il mezzo per "spronare" il paziente ad intraprendere quella terapia, cosa che poi ha effettivamente fatto sotto la guida evidentemente più convincente dei medici faentini. 

"Il 29 agosto - spiega ancora il 60enne - avrò un colloquio con la responsabile del reparto del Bufalini, ciò che lamento è la mancanza di sensibilità, non si poteva non considerare l'impatto devastante che una notizia del genere ha avuto sulla mia già difficile vita. Credo che sia necessario testimoniare quanto accaduto per evitare simili leggerezze in futuro. Se non avrò delle scuse penso di rivolgermi al tribunale dei diritti del malato, ma ciò che mi interessa di più è che queste situazioni non si ripetano più, per fare una diagnosi sono necessari esami approfonditi, come quelli che ho ricevuto a Faenza dove ho poi intrapreso quella terapia, nonostante il timore degli effetti avversi". 

L'Ausl Romagna: "Dispiaciuti, pronti a un chiarimento"

L'Ausl Romagna non resta assolutamente indifferente alla situazione di un paziente che presenta diverse criticità e conferma l'incontro già fissato tra la responsabile della struttura sanitaria e il paziente 'deluso'. In una nota l'azienda precisa che "la Direzione Sanitaria di Presidio prende atto della segnalazione e precisa che quando il paziente ha manifestato telefonicamente l'accaduto, gli è stato dato appuntamento ambulatoriale per il 29 agosto, per un colloquio e permettere un chiarimento fra le parti, quindi prima ancora della lettera a voi inviata. Il lungo rapporto ultra-ventennale con il Centro denota verosimilmente fiducia da parte del paziente nei confronti dei medici che lo hanno avuto in cura, ai quali è sinceramente dispiaciuto tale inatteso comportamento".

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