rotate-mobile
social Sarsina

La minuscola frazione di Monteriolo torna a vivere per Santa Lucia: la storia della comunità composta da 5 abitanti

Dal 1851 al 1907 la parrocchia, facente parte del Granducato di Toscana, insieme ad altre 15 parrocchie viene passata alla diocesi di Modigliana. Risale al 1968 la totale demolizione della grande canonica seicentesca. Questa comunità ha sofferto il più spaventoso spopolamento, passando da un migliaio di abitanti prima della Seconda guerra mondiale, con parroco e cappellano residenti, agli attuali 5

Monteriolo: dove la brezza fresca ti accarezza in ogni stagione. Dipende da dove lo guardi: se vieni da Sarsina è “in giù”; in quella piana mozzafiato; se vieni dalla Para, lo vedi tanto “in su”. Qui da oltre mille anni (il primo documento che parla della Pieve è attestato nel 950) una comunità vive, attorno a questa chiesa. A raccontarne la storia è ancora una volta Don Daniele Bosi "Da ben 4 anni, da prima del Covid, non si diceva più messa a Monteriolo. Ho ricordato al parroco nuovo di Sarsina, che a S. Lucia si faceva festa a Monteriolo, e lui ha accettato. Per cui, mercoledì 13 dicembre si ripristinerà la festa di Santa Lucia, con l'unica messa alle 15.30 (fino al 2014 compreso si celebrarono le due messe, anche al mattino alle 11). Il calore e il profumo della stufa renderanno l’ambiente della celebrazione ancor più particolare".

"Con entusiasmo Sùntina, moglie di Renzo e l’amica Rita, si sono adoperate per pulire tutto e preparare il rinfresco per tutti. Prima della morte di Renzo, e anche in seguito per qualche anno, i preti erano invitati al pranzo nella loro casa, che era la casa del contadino della chiesa: era questo il re dei pranzi, con innumerevoli portate, come si usava un tempo in giorno di festa: mai trovato cosa simile altrove. Essere in quella casetta piccola, tipica montana, col fuoco acceso, pareva essere tornati indietro nel tempo; pareva essere fuggiti dal quotidiano della vita. Gli abitanti ora si contano su una mano: una volta, tanta era la gente, c’erano persino due preti stabili.  La pieve di Monteriolo era un centro spirituale molto importante, come un pilastro centrale di un ponte che univa Sarsina a Balze - ricoroda Don Bosi -. La pieve romanica è straordinaria, pur nella sua semplicità.  Nell’abside è  visibile solamente l’affresco della Madonna con Bambino e, il 19 dicembre 1972, vennero trovati altri quattro personaggi, identificati poi grazie al resoconto della visita pastorale di monsignor Peruzzi del 6 luglio 1608: San Cassiano, imolese, patrono della parrocchia; San Vicinio di Sarsina patrono della Diocesi, Santa Caterina d’Alessandria, Sant’Ippolito. La Sovrintendenza ha compiuto il restauro nel 2010, con risultati gradevoli. Seguirono altri ritrovamenti nel 1982, quando il parroco don Vittorio Morosi spostò l’ancona cinquecentesca e venne alla luce parte di un affresco molto lacerato, e nel quale era stata aperta una nicchia per inserirvi la statua della Madonna dell’ancona stessa. Ora, staccato, questo affresco si trova nel Museo Diocesano di Sarsina. Raffigurante San Rocco, è importante perché ci riporta una data importante, 1544, che può servire come riferimento per datare anche gli affreschi dell’abside. Interessantissima l’imponente ancona lignea cinquecentesca, intagliata e dorata, unica in Romagna, che sorreggeva la tela alta oltre 3 metri, seicentesca, con i 15 misteri del Rosario restaurata qualche anno fa. La parte inferiore venne rubata nel 1975 e subito ritrovata, la rimanente fu smontata. Altrettanto interessante anche la millenaria mensa d’altare, di pietra grezza, e la volta in pietra scolpita del Seicento toscano della cappellina laterale. Il campanile, costruito nel 1921, ospita 3 campane coeve del Brighenti di Bologna. Un bel quadro, purtroppo in cattivo stato, la balaustra in legno del ‘700 e il tronetto in legno per esposizione, sempre in cattivo stato, si trovano a San Martino".

"Dal 1851 al 1907 la parrocchia, facente parte del Granducato di Toscana, insieme ad altre 15 parrocchie viene passata alla diocesi di Modigliana. Risale al 1968 la totale demolizione della grande canonica seicentesca. Questa comunità ha sofferto il più spaventoso spopolamento, passando da un migliaio di abitanti prima della Seconda guerra mondiale, con parroco e cappellano residenti, agli attuali 5 - continua Bosi -. Proprio 60 anni fa, nell’ottobre 1963, l’ultimo parroco residente lasciò Monteriolo; scrive in una lettera che era sempre solo e optò per andare ad aiutare il parroco di Marina di Ravenna e si trasferì. La parrocchia venne affidata al parroco di San Martino: don Morosi".

Racconta ancora: "Nella fanciullezza, oltre vent’anni fa, mi passò tra le mani una foto in bianco e nero. Quasi feci fatica a riconoscerla come la chiesa di Monteriolo. Abituato a vederla spoglia, col solo snello campanile, mi faceva strano vederla contornata di tanti altri edifici ora non più esistenti. Oltre alla chiesa del X secolo e al campanile che ammiriamo oggi, si trovava una grandissima canonica del 1600, con davanti anche un piccolo forno e le stalle. La grande canonica sovrastava in altezza la chiesa. Attorno al campanile c’era la cappella di Santa Lucia, demolita e anche la sacrestia, demolita anch’essa. Quando vennero demoliti tutti questi edifici? Negli anni, seguendo la passione per la storia delle parrocchie sarsinati, sono riuscito a riscostruire: ho trovato la fattura della ditta “Cangini” che con le ruspe nel 1967, tutto il complesso in 15 ore di lavoro. Il parroco già dal 1963 non abitava più in canonica ed era stata affidata al parroco di San Martino, come dicevo sopra. Dopo decenni di abbandono e noncuranza, tutto l’edificio era diventato cadente e non c’erano le finanze per restaurare. Essendo più alta della chiesa, tutta l’acqua piovana dal tetto della canonica finiva sulla chiesa, mettendola in serio pericolo. Anche le belle arti di Bologna, come si legge in una lettera, consigliarono l’abbattimento. Un vero peccato: oggi sarebbe stata una risorsa per gruppi di giovani, in un luogo paesaggistico insuperabile, a 710 metri d’altezza. Tempo fa una signora originaria del luogo, Patrizia Giovannetti, mi regalò i suoi ricordi: 'Avevo 9 anni e andavo a scuola lì a Monteriolo, a pochi passi dalla chiesa. La maestra una mattina ci portò dentro la canonica dicendoci che l’indomani l’avrebbero abbattuta: vidi diverse statue grandi, e anche il presepio. Per tutto il giorno ebbi il pensiero di quelle statue, non volevo che la canonica fosse distrutta! L’indomani mi invadeva il cuore una sofferenza mentre vedevo le ruspe in azione e sarei andata a fermarle: volevo salvare quelle statue! Le ruspe di Cangini non riuscivano ad abbattere la casa, andarono a chiamare ruspe più grandi che stavano lavorando alla sottostante cava di pietra'. Unico appunto: avrebbero potuto lasciare la sacrestia e la cappella di Santa Lucia, facilmente sistemabili visto le ridotte dimensioni. Ora non c’è nemmeno la sacrestia e per suonare le campane bisogna uscire fuori ed entrare nel campanile. Difficile dopo oltre 50 anni discutere su quella scelta, viste le condizioni storiche di quel momento", conclude Don Bosi.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La minuscola frazione di Monteriolo torna a vivere per Santa Lucia: la storia della comunità composta da 5 abitanti

CesenaToday è in caricamento