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Cronaca

La storica enoteca nel cuore di Cesena: "Oggi fare i commercianti è molto difficile"

Un'attività che si è tramandata di padre in figlio: "Mi piaceva aiutare mio padre anche a imbottigliare. E' un lavoro che mi piace molto anche se, in questo momento storico, non consiglierei a nessuno di aprire un'enoteca"

Fu una delle prime enoteche nel cuore di Cesena, in via Strinati. "Millevoglie" venne aperta nel 1974 da Walther Magnani rilevando una fiaschetteria dallo zio Alfredo attiva dal 1960. Walther in pochi anni passò dal fiasco alle bottiglie etichettate anche perchè, da lì a poco, sarebbe scoppiata la moda dei Supertuscan e i normali bevitori si trasformarono in clienti sempre più esigenti. Ora a gestire "Millevoglie", sempre in via Strinati, ma dall'altra parte dell'originale fiaschetteria, c'è il figlio di Walther, Fabrizio, 47 anni, e la sua mamma Irene, di origine tedesche. Appena si varca la soglia di "Millevoglie" sembra di entrare in una biblioteca antica e pregiata ma che, al posto dei libri, ha archiviato bottiglie. Grandi, piccole, rotondeggianti, con etichette sobrie, minimali, coloratissime. Vini, acquaviti, whisky, torbati o no, gin, cognac, distillati, rhum. Si avverte subito odore di cose buone e, in un apparente disordine, ogni bottiglia attende il suo intenditore. Ad accogliere i clienti c'è grande competenza, prima da parte di Walther e ora di Fabrizio e Irene, tutti professionisti del settore.

"Io ho iniziato a frequentare l'enoteca quando ero ancora un bambinetto - spiega Fabrizio - mi piaceva aiutare mio padre anche a imbottigliare. E' un lavoro che mi piace molto anche se, in questo momento storico, non consiglierei a nessuno di aprire un'enoteca. Ma forse non consiglierei proprio di aprire nessun negozio. I tempi, purtroppo, sono cambiati e fare i commercianti è diventato molto difficile e poco remunerativo". Avete sentito anche voi la crisi? "Beh un po' sì. Un po' c'è meno gente che frequenta il centro storico perché manca la facilità del parcheggio - spiega ancora Fabrizio - e così chi deve acquistare una bottiglia di vino va al supermercato. Si accontenta di una bottiglia qualsiasi, non è consigliato, spende magari uguale a quello che spenderebbe da noi portandosi a casa un prodotto non di qualità". Anche durante il covid? "No, direi che durante il covid abbiamo lavorato come pazzi - sorride Fabrizio - Mia madre era andata in America da sua sorella ed è rimasta bloccata là per vari mesi, così io, per far fronte all'immensa mole di consegne a domicilio, ho dovuto assumere mia sorella. Sembra una barzelletta ma è così...La gente non poteva andare al ristorante e voleva trattarsi bene a casa. Abbiamo lavorato moltissimo".

Lavorate molto con le aziende? "Molto meno degli anni d'oro. Molte aziende, per scelte interne, non fanno più ceste natalizie ai clienti e quindi le commissioni sono diminuite. Ho però aziende, anche straniere, per esempio in Svizzera, che sono rimaste fedeli dal primo anno di apertura. Erano clienti di mio padre e ora i figli sono miei clienti. E fanno regali con i nostri vini e i nostri prodotti gastronomici a tutti i loro clienti". Il vino più costoso che ha avuto in negozio? "Un DRC Domaine de la Romanee-Conti annata 2005. Pinot nero. L'hanno acquistato a poco meno di 10 mila euro. Erano clienti di fuori". E a lei che vini piacciono? "A me personalmente piacciono i vitigni del Sangiovese e del Nebbiolo, ma quando vengono i clienti non parlo mai dei miei gusti. E comunque in negozio abbiamo delle ottime bottiglie di Sangiovese della Romagna".

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