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Cronaca Savignano sul Rubicone

Federico Dragogna sul palco del Rock è Tratto col suo primo album da solista: "La Romagna spacca, mi sarebbe piaciuto nascerci"

Il chitarrista e "penna" dei Ministri, in veste di cantautore, si esibirà a Savignano portando il suo primo album 'Dove Nascere', candidato al Premio Tenco 2023

Con la Romagna, lo dice da anni, ha un rapporto speciale. Tanto che la inserisce nella lista delle "alternative" a Milano quando gli si chiede dove avrebbe voluto nascere. E' proprio questo, 'Dove Nascere', il titolo del primo album da solista di Federico Dragogna, chitarrista e "penna" dei Ministri che stasera, in veste di cantautore, si esibirà sul palco del Rock è Tratto di Savignano. Il concerto andrà in scena nell'Arena Gregorini in piazza Giovanni XXIII, per quello che sarà il momento conclusivo della storica rassegna dedicata alle band emergenti. Prima di Dragogna suoneranno sul palco la musicista Elasi e il cantautore santarcangiolese Davide Amati, che si è aggiudicato il concorso del Rock è Tratto.

In vista del concerto, abbiamo fatto qualche domanda a Federico Dragogna.

Con il tuo disco d'esordio, 'Dove Nascere', sei stato tra i finalisti del Premio Tenco come "miglior opera prima". Un risultato molto importante, te lo saresti mai immaginato?
Sono molto contento che il mio disco sia stato ascoltato con questa attenzione dalla critica, che però oggi ha un peso molto diverso in Italia rispetto a una volta, quando influiva molto di più sul destino di un artista. Quindi possiamo dire che è una specie di piccola medaglia che non vedrà nessuno, ma va benissimo così! Più che altro spero che il mio sia un disco che continuerà ad avere qualcosa da dire nel tempo, che la gente se lo possa andare a riscoprire in futuro, mentre ora gran parte della musica è pensata per una vita molto breve. E' un disco concepito più come un libro se vogliamo. E io Delitto e Castigo di Dostoevskij me lo sono letto più di 100 anni dopo la sua scrittura!

Visto che parli di musica contemporanea, di recente in un'intervista hai detto che secondo te in futuro Milano non sarà una città adatta ai cantautori e che te la immagini come un grande "food market": è per questo che hai già iniziato a mettere le basi a Genova? (dove l'artista ha una seconda casa, ndr)
Sono appena tornato a Milano da Genova! Credo che Milano abbia preso il tempo del nuovo capitalismo di oggi, si è messa "in sync" con quel modo di scorrere del tempo che oggi è la realtà in certe parti del mondo, a Londra come a Parigi e, appunto, a Milano, e sicuramente certi lavori e un certo ceto sociale cominciano a essere spinti fuori dalla città, perché gli stipendi non si sono alzati, mentre i prezzi invece si alzano in continuazione. Io penso che i cantautori siano un po' come i panda, una sorta di categoria da proteggere. Non dico che il mondo abbia per forza bisogno dei cantautori per andare avanti, perché sono quasi sicuro che in Qatar non ci sia una gran leva di cantautori (ride, ndr)... Però nella nostra cultura il cantautorato c'è sempre stato e quella lettura del mondo che i cantautori danno è in pericolo. Io sono nato e cresciuto a Milano e mi dispiace che questa città mi ospiterà sempre meno e invece si aprirà agli investimenti di famiglie ricche. Ma come i cantautori salteranno tante altre cose... Mi è capitato di passare una giornata intera in un aeroporto a Dubai, e girando per l'aeroporto mi sono accorto che non c'era neppure un libro. Eppure il mondo andava avanti. Quindi è possibile anche un mondo in cui non esisteranno più i libri, i cantautori, i cinema. Però credo che sarà un mondo un po' più povero...

Dici che Milano prima o poi ti "butterà fuori". Visto che nella traccia che dà il titolo all'album ('Dove Nascere') dici Quando un giorno potremo decidere dove nascere, se tu avessi potuto decidere, dove saresti nato?
Milano mi ha dato molto e le voglio un gran bene. Gli altri due posti che hanno trovato spazio nella mia anima fin da quando ero piccolo sono le Dolomiti e la Liguria, poi Amsterdam e Berlino. Ma negli ultimi anni mi sono avvicinato molto alla Romagna, credo sia un posto che "spacchi", e non lo dico perché suonero lì! E' una zona di provincia senza grandi città, eppure avete una grandissima attività culturale. Vista da dentro a voi non sembra così magari, ma da persona che gira tanto l'Italia vi garantisco che invece siete messi bene come spirito, vitalità, voglia di fare le cose e di scendere in piazza a fare cose assieme. La cartina tornasole è stata quando nell'estate 2021, con ancora la coda della questione Covid, con i Ministri venimmo a fare un concerto in piazza a Forlì. Il pubblico aveva una vitalità pazzesca nel raccogliere quella sfida del divertimento e del ricominciare.

A proposito di Ministri... Con loro hai (quasi) sempre scritto tu i testi delle canzoni. Qual è stata l'esigenza che ti ha spinto a fare una cosa solo tua in tutto e per tutto?
Ci ho messo un po', di solito non si esordisce con il primo album a 40 anni... Ma del resto mia mamma mi ha sempre detto che non si può scrivere un grande libro prima dei 40! Una delle grandi necessità che avevo era quella di esprimere altre parti di me da un punto di vista, più che di genere, direi di sensibilità sonora, di suoni e di come ci sta la voce sopra, visto che la mia è molto delicata mentre quella di Divi (cantante dei Ministri, ndr) è molto tuonante. Nei Ministri, per quanto la palette espressiva fosse abbastanza ampia, questa cosa non riusciva giustamente a trovare sempre spazio: la gente che seguiva la band cercava un certo tipo di sonorità, di energia. Ed è giusto, se apri una pizzeria poi non puoi vendere cravatte! Con questo lavoro volevo aprire tutti gli altri mondi e le altre voci che avevo dentro. E poi volevo anche dire una serie di cose firmandole con il mio nome, prendendomene la responsabilità. Forse anche per tornare a essere pienamente rock quando si aprirà un nuovo capitolo con i Ministri.

Nell'album ci sono frasi che, in un qualche modo, sembrano andare contro a questa volontà di esprimere liberamente una parte di te. Nel brano 'Lavorare è il mio secondo lavoro' dici Lavorare è il mio secondo lavoro, il primo è farvi contenti. In 'Sentiti libero' invece scrivi L'insuccesso ti ha dato alla testa, non sei più nemmeno una persona onesta, ma sentiti libero di qualcosa, di farti bello e metterti in posa, quello che in fondo poi hai sempre fatto per un amore o per un contratto. Però non sembri uno che rincorre le richieste del pubblico o delle case discografiche...
Infatti non lo sono, però anche io come tutti ho pensieri che in qualche modo cercano di sedurmi e direzionarmi. Il fatto che io scelga, con più o meno testardaggine, di seguire un'altra strada è la mia reazione. Spesso i brani sono un racconto di questa lotta contro le pressioni che vengono da fuori, e quello che vedi alla fine è il risultato: un disco libero che mi fa essere tranquillo con me stesso. Però la sfida c'è per me come per tutti, si dubita sempre di aver preso la via giusta. E' un po' come il problema del rapporto con la finta vita che costruiamo sui social, con quanto ci aspettiamo di ricevere like, avere successo ed essere amati: è un problema che abbiamo tutti, e facendo questo mestiere hai ancora più bisogno della conferma da fuori che qualcuno ti stia ascoltando e ti stia seguendo.

In diversi brani, poi, si sente forte il tema della migrazione, dei morti in mare, ma anche della guerra. In primis già nel titolo dell'album 'Dove nascere', ma anche in una canzone come 'Dubbi', dove dici C'è gente che aspetta gli alieni, ma poi non sopporta chi viene da fuori. Di recente hai detto che secondo te è sbagliato raccontare la migrazione soltanto dal punto di vista del dramma e che non credi che gli artisti debbano risolvere questioni politiche, ma debbano porre domande senza fare da megafono delle tifoserie. Visto che sei anche un collega giornalista, come andrebbe affrontato il tema secondo te?
In Italia non sono tantissimi i giornali e le questioni che non sono polarizzate, nessuna è ancora "vergine" a tal punto da poter essere discussa senza diventare uno strumento per una tifoseria o per un'altra. La questione migrazioni viene, a seconda della convenienza per una fazione politica o per l'altra, messa in risalto o nascosta sotto il tappeto. Lo vediamo proprio ora: dopo tanto parlare di sbarchi, quest'anno ce ne sono tantissimi, ma non se ne parla perché quelli che sono al governo avevano promesso che non ci sarebbero più stati. Per quanto riguarda le migrazioni, trovo che ci siano molti cortocircuiti nelle persone dati dal fatto di come in parte sono portati a pensare e a schierarsi in un modo o nell'altro anche al di là della loro esperienza personale: a Brescia o in Veneto, per esempio, vedo che la compresenza di gente arrivata da altrove è molto forte, eppure questi luoghi passano sempre come posti razzisti, perché spesso ci sono narrazioni che sono davvero grandi luoghi comuni. Facendo un passo indietro, comunque, la domanda è: la gente ha diritto o no, nel capitalismo in cui siamo, a cercare la sua fortuna, dovunque essa sia? Se la risposta è sì, bene; dopo ovviamente sarà un problema della politica riuscire a regolamentare entrate e uscite con umanità e dignità evitando guerre tra poveri. Però negare questa cosa significa negare il fatto che un ragazzo che vive a Taranto possa venire a studiare e lavorare a Milano, cosa che nessuno fa più, mentre già quando andavo a scuola io questa cosa era messa in discussione. C'è questa cosa che chi è nato nel posto giusto e ha avuto le carte buone vorrebbe che tutti gli altri che hanno avuto le carte cattive restassero là dove sono, ma all'interno di ogni famiglia andando a cercare nell'albero genealogico si trovano persone che si sono spostate per stare meglio, perché l'uomo da quando è nato si muove per cercare di stare meglio, e lo dico al di là della questione destra-sinistra. Rispondendo alla tua domanda, credo che si dovrebbe raccontare tutto quello che è la parte viva delle migrazioni e far sì che tutti gli immigrati di seconda generazione comincino ad avere più voce. Anche se poi quella voce la trovano anche senza che gliela diamo noi: gran parte dell'hip hop di oggi è proprio questo. Perché l'acqua troverà sempre un modo per scendere a valle.

Quello dello straniero e dell'emarginato è un tema carissimo anche a De Andrè. Tu sei cresciuto ascoltandolo, hai anche portato in giro il progetto 'Quello che ho capito di De Andrè'. Quanto ha influito la sua musica nella creazione del tuo album?
Ha influito assolutamente anche in questa cosa di cui stiamo parlando, nel senso "deandreiano" di guardare ulteriormente sotto al bene e al male, perché anche in quelle parole che ci sembrano incredibilmente pure, come la parola 'democrazia', si annida la possibilità di un pericolo totalitaristico. Concordo con De Andrè che diceva che il grande pericolo della democrazia è la maggioranza, perché quando prende il potere potrebbe imporre la sua visione del mondo a tutte le minoranze. Mentre la sua idea di Stato è quella di uno Stato che riesce a tutelare le minoranze, a lasciare dignità anche a loro, infatti lui era un anarchico. In De Andrè credo ci sia ancora un sacco di brace viva da cui andare ad attingere. Tra l'altro lo spettacolo di De Andrè, che spero di ricominciare a portare in giro per l'Italia, è nato proprio in Romagna, durante una discussione con l'editore Massimo Roccaforte a Santarcangelo.

Mi ha colpito la frase che hai detto poco fa, "l'acqua troverà sempre un modo per scendere a valle". Anche in questo album, in particolare in 'Cascate', torna il tema a te molto caro dei fiumi: dici Lascio fare al fiume e aspetto le cascate. Poi mi sembra che torni anche il tema del sole: con i Ministri cantavi E' importante che non ci sia il sole che manda sempre tutto a p....ne, qui sempre in 'Cascate' scrivi Qualcuno si è nascosto dal sole per sentirsi normale. Che problemi hai con il sole?
(ride) Intanto ti ringrazio per l'attenzione certosina ai testi! Sì, il fiume per me ha proprio una sua forza simbolica: c'è qualcosa che è prima di tutto lo scorrere come qualcosa di inevitabile, che per quanto noi possiamo agire o non agire le cose continuano e il tempo scorre. Per quanto riguarda il sole, sicuramente è qualcosa che - a parte rendere la vita possibile - garantisce la visibilità. Proprio in questo momento sto guardando un palazzo davanti a me e, complice anche il caldo, ha tutte le serrande chiuse. Io ho un fratello psichiatra che spesso mi racconta le storie drammatiche dei suoi pazienti, le cui case sono quasi sempre nascoste dal sole, con le finestre chiuse; e da quando sento le sue storie ho realizzato quanta parte del mondo sia nascosta dal sole, simbolicamente e non. Esiste una grande parte di mondo e di città anche che sta nascosta per mille problemi, perché sta male, perché ha paura... Una parte della mia attenzione che scrive e che osserva va a loro. Questa cosa poi oggi sta prendendo nuove forme per via della possibilità che ci danno la tecnologie di lavorare e vivere rimanendo in casa. Ho conosciuto ragazzi di 18 anni che non escono più di casa, e sicuramente c'è una possibilità di una nuova idea di isolamento e depressione di cui ancora non vediamo precisamente i contorni. E il mondo va avanti anche in quel modo lì, come abbiamo visto durante la pandemia.

Ultima domanda: ti vedremo ancora con i Ministri?
Certo! A dicembre abbiamo in programma un mega concertone all'Alcatraz per i 10 anni dall'uscita di 'Per un passato migliore'. Ci tenevamo a farlo, tanti ce l'avevano chiesto perché quel disco è il punto centrale del racconto di una generazione che in quegli anni ci ha seguito assiduamente. Poi si deciderà quali prossimi passi artistici fare... Chissà!

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