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Cronaca Montiano

Bambina morta a cinque anni, sentenza ribaltata dopo sette anni: assolta in appello la dottoressa

La vicenda risale al 17 luglio del 2017 quando la piccola, residente a Montiano, nel cuore della notte accusò febbre alta, vomito e un forte mal di pancia

Si è conclusa con una assoluzione in Appello la vicenda giudiziaria che vedeva sul banco degli imputati una dottoressa, all'epoca in servizio all'ospedale "Cervesi" di Cattolica, accusata di omicidio colposo per la morte di una bambina di 5 anni. La vicenda risale al 17 luglio del 2017 quando la piccola, residente a Montiano, nel cuore della notte accusò febbre alta, vomito e un forte mal di pancia e i genitori affidatari l'avevano portata nel nosocomio dove la dottoressa, oggi 35enne, era alla sua prima guardia notturna al punto di primo intervento. La professionista, secondo l'accusa, al termine di una visita durata circa mezz'ora non aveva diagnosticato un'appendicite ipotizzando un'infezione alle vie urinarie limitandosi a prescrivere delle analisi dopo un veloce consulto telefonico con la Pediatria di Rimini. La situazione della bambina, dopo un primo miglioramento, era però precipitata tanto che dopo 3 giorni la piccola si era sentita nuovamente male tanto da perdere i sensi mentre si trovava nella casa dei nonni a Cattolica. Nonostante un disperata corsa all'Infermi, la bambina non ce l'aveva fatta ed era spirata con l'autopsia che aveva fatto emergere come la causa del decesso fosse dovuta a una peritonite.

I legali della dottoressa, assistita dagli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lancini, avevano sempre sostenuto che la professionista aveva fatto tutto il possibile nel corso della prima diagnosi ma, nonostante questo, in primo grado era stata condannata ad un anno con la sospensione della pena. La Corte d'Appello di Bologna, tuttavia, ha ribaltato la sentenza e dopo 7 anni ha ritenuto la dottoressa innocente perché il fatto non costituisce reato ritenendo che la condotta della professionista fosse stata in linea con i protocolli sanitari. L’Ausl, dopo la sentenza di primo grado fu costretta a risarcire la famiglia affidataria, costituitasi parte civile attraverso gli avvocati Luigi Renni e Giovanni Marcolini.

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