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Il Cesena ladies è in buone mani: "Il calcio? I miei non volevano e mi alleno coi maschi"

Alice Pignagnoli difende i pali del Cesena femminile: "Il movimento è in crescita ma c'è da fare un passo ancora più importante"

Non si ispira ad Agliardi ma a Buffon. Alice Pignagnoli difende la porta del Cesena femminile, che si batte ogni domenica nel campionato di serie B nazionale. Nata a Reggio Emilia, 31 anni, è arrivata in bianconero dopo aver girato praticamente mezza Italia. Nel suo curriculum calcistico, solo per citarne alcune, Genoa, Reggiana, MIlan, Napoli e Torres, ma la lista è molto più lunga. Nel suo palmares uno Scudetto e una Supercoppa e l'emozione di aver giocato la Champions League.

Una passione quella per il calcio che la 31enne coltiva fin da bambina: "Non posso dire che i miei genitori mi abbiano appoggiato, anzi. Quando ho iniziato a giocare io il calcio femminile non era ancora sdoganato e ho dovuto vincere la loro resistenza".

"Oggi le ragazze che vogliono giocare a calcio hanno molte più possibilità, mi ricordo che 15 anni fa si faceva fatica anche a trovare maglietta e pantaloncini, e non era facile trovare uno spogliatoio..". Quattro anni fa i club professionistici sono stati in pratica obbligati a dotarsi delle squadre ladies, ma è cambiato davvero qualcosa? "E' cambiato tanto in termini di strutture, di qualità degli allenamenti, ma c'è da fare un passo ancora più importante". Alice si riferisce ovviamente al professionismo, come meta anche per le donne del calcio, che devono fare i conti con stipendi bassi e nessuna garanzia sul piano lavorativo.

La 31enne racconta le difficoltà di una vita da calciatrice: "Durante la settimana mi alleno con una squadra maschile di Promozione, in pratica mi prendono a pallonate - sorride il portiere - poi il venerdì riesco a venire ad allenarmi a Cesena, il sabato faccio la rifinitura e domenica gioco". Alice vive infatti a Reggio Emilia, è sposata con un calciatore di Promozione e al pallone (per vivere) deve affiancare un altro lavoro, in un agenzia di comunicazione.

Gli ultimi mondiali di calcio femminile in Francia hanno tenuto incollati alla tv oltre sette milioni di italiani. Un exploit che non ha stupito la 31enne: "Questa grande visibilità già c'è in altri Paesi come ad esempio gli Usa, dove il calcio femminile supera quello maschile. Anche grazie al fatto che alcune italiane sono andate a giocare all'estero, il livello del nostro movimento si è alzato, e la gente se ne sta accorgendo".

Qualche settimana fa il direttore sportivo della Roma Petrachi ha detto (poi scusandosi) che il calcio "è uno sport per uomini, non adatto alle donne". Ci sono ancora i pregiudizi da superare? "Molti, con la differenza che 10-15 anni fa gli uomini dicevano apertamente che il calcio non è roba per le donne, oggi lo pensano ma non lo dicono. Sta a noi superare questi stereotipi, come? Sul campo, giocando meglio". Poi una tirata di orecchie a se stessa e al suo Cesena: "Nel derby col Ravenna c'era tanta gente a vedere la partita, era una bella vetrina, abbiamo pareggiato ma potevano giocare meglio. Cosa avrei fatto nella vita senza calcio? Una vita senza calcio non me la immagino neanche".

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