Una "promenade" tra gli scorci più belli, ecco l'affresco di Cesenatico
Vorrei dipingere un affresco della mia città e per farne un omaggio fedele dovrei possedere la fine maestria di Tiziano o di Dürer. Ritorno a distanza di anni a Cesenatico, il paese che mi ha vista giocare nei cortili dello squero dove i nonni, che appartenevano ad una storica famiglia di marinai, possedevano una casetta nel quartiere occidentale: Ponente appunto. Mi accoglie un'estate assolata che fa da preludio alla magia vissuta nei luoghi ameni e nascosti della città. Cesenatico nasce già bella: storicamente, per le sue origini di epoca romano imperiale, per divenire - da terra di dominio della Repubblica di Venezia, antico approdo di briganti e pirati, a musa ispiratrice del genio vinciano - la signora più particolare della riviera. La sua bellezza si è evoluta e questo ha destato in me uno di quei lieti transiti nell'anima, per cui si desidera tenere le cose care in prossimità del cuore. Un caffè al mare, sulla terrazza silenziosa di un bar a punta molo, guardando i pescherecci e le barche a vela e lasciando lo sguardo soffermarsi sui bilancioni, i capanni dei pescatori a riva Levante. Un'ora di brezza, lettura giornali e poi in cammino per la spesa quotidiana. Passando dal Grand Hotel "da Vinci", che nasce sui resti di un edificio in stile liberty del 1928, e percorrendo Viale Anita Garibaldi all'ombra degli storici pini marittimi tra i Villini Liberty, ove Villa Pompili primeggia discretamente come una dama di altri tempi.
Proseguendo, per la piccola darsena e la vena Mazzarini, giungo in Piazza Ciceruacchio. La luce qui è immensa. In essa si stagliano la Galleria "Leonardo da Vinci", che fu mercato ittico coperto della città, edificato nel 1926, e la Biblioteca Comunale, progettata nel 1938 come casa del fascio e costruita sulle vestigia di un oratorio frequentato da pescatori chioggiotti. Dal 1990 è stata completamente informatizzata e vanta un patrimonio librario di circa 60.000 volumi, con una maestosa aula studio nel piano attico e l'emeroteca al piano terra, rivolta sul porto canale. Mi dedico alla lettura nella panchina accanto ai busti di Anita e Giuseppe Garibaldi, immersa in questa antica storia, seguendo il saliscendi del traghetto che unisce le rive di Levante e di Ponente. L'ora della spesa è prossima; sono nelle adiacenze della vecchia pescheria di Piazzetta Fiorentini. L' edificio del 1911, in un composto ed essenziale stile liberty, si trova nel "cuore del centro storico della città". Immaginate un piccolo borgo, con le strade ciottolate, i caffè, le biscotterie, la casa del formaggio, il mercatino degli ortolani, le pescivendole. Cesenatico, in questo punto è così: raccolta, con i rumori di una quotidianità che rievoca il vero vivere del passato. Durante il pranzo la città si fa silenziosa, le persone si ritirano nelle proprie dimore e m'incammino in Piazza delle Conserve tra graziose piccole case colorate e le ghiacciaie in mattoni ove, anticamente, erano conservate le derrate alimentari, pesce in primis e il ghiaccio utilizzato dai pescatori per refrigerare il pesce appena pescato. C'è una panchina di pietra nella piazza: è nascosta vicino a una fontana e coperta da rami di gelsomino. La siesta qui ha sapore di antico, di quando i nonni si sedevano fuori dall'uscio di casa a parlare, e le piccole cose divenivano mistici tesori inestimabili.
Era tutto molto autentico. Ma è ben ora di andare, di scrutare Via Fiorentini, Via Pascoli, Via Marconi, Via Oriani, Viale Abba, tra i chiaroscuri dei platani e giungere nel "cuore cittadino e moderno" di Cesenatico: Viale Roma. Appena tornata, dormivo in una stanza che affacciava sul viale da una lato e sulla vena Mazzarini dall'altro. Alle sei il garrito dei gabbiani mi dava la sveglia, ancor prima gli spazzatori stradali e, durante la notte, le carrozze con i cavalli, l'autobus e qualche "chiacchiera" dei giovani per le strade. Ho sentito gli stessi rumori nei miei viaggi, nelle notti di vacanza a Palermo, Roma, Parigi. Orgogliosa, quindi, di fare ritorno nel mio borgo marinaro e scoprire essere diventato una città. Orgogliosa che le sue sembianze siano ancor più affascinanti, tanto da indurmi a vivere il tempo libero, proprio come fanno i parigini, nelle vie della città. E allora, ripercorro Piazza Andrea Costa ove il grattacielo, faro razionalista che incanta lo sguardo, osservandolo da Viale Abba, tra il verde dei pini marittimi e il blu del cielo, diviene presenza egregiamente fedele. Lo stupore sovviene anche per la raffinata compostezza architettonica della classicità del Grand Hotel.
É forse, tale stupore, tributario di un equilibrio, di una solidità oramai assenti? Il pomeriggio è caldo e assolato. Riservato ristoro è la riva sinistra del canale Mazzarini. Un altro tratto cittadino che ricorda Parigi e che, ironicamente, chiamo la mia Rive Gauche. Non ci sono intellettuali, pittori o letterati, ma i miei amati pescatori, la cui sapienza è, altresì, feconda di senso. Mi raccontano la storia del canale, dei delfini e che cosa si peschi oggi: cefali, sgomberetti e minutaglia varia. Mi ritiro sulla panchina a leggere o a mangiare oppure, semplicemente, a guardare le fontane e a pensare. E penso di essere fortunata a vivere qui. Penso al Parco di Levante ove passeggiare e prendere un thè con un amica e all'atmosfera rarefatta del giardino e della casa dello scrittore Marino Moretti, al vicolo che affaccia sulle maestose vele dei bragozzi e delle batane del Museo della Marineria, all'architettura della Colonia Agip, a Les bouquinistes in Viale Roma e in Viale Trento, alle vie discrete di Ponente, al Teatro Comunale, alla darsena, ai localini sul porto canale e a punta molo; e non posso fare a meno di sentire la delicatezza di questo amore per la mia storia e per la mia bellissima città, per questo luogo che conserva ogni dettaglio delle sue antiche vestigia e per cura, tempo e dedizione, diviene una piccola opera d'arte
Greta Casali
greta.casali@gmail.com