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Un piatto della tradizione povera che diventa gourmet: la storia dell'acquacotta

Oggi è una vera e propria zuppa di verdure, che variano a seconda della stagionalità, ma come base si usano cipolle e sedano, ma anche il basilico, in primavera ed estate, come i pomodori

Nato come piatto povero, oggi si presta alla rivisitazione anche da parte degli chef, come spesso accade in una cucina gourmet, che sempre più affonda le proprie radici nella tradizione. L'acquacotta viene celebrata agli inizi di agosto in una sagra a Monecoronaro, sulle pendici occidentali del monte Fumaiolo, sul versante tirrenico dell'Appennino Tosco-Romagnolo.

Questa minuscola frazione fa parte del comune di Verghereto, ma meno di un chilometro ad ovest dell'abitato si trova l'omonimo passo che unisce l'alta valle del Tevere con quella del Savio. Siamo vicinissimi al confine con la Toscana, infatti questo piatto è molto comune anche oltre il confine, anzi pare che sia d'importazione: gli abitanti di Montecoronaro che in inverno lavoravano nella maremma Toscana, impararono a conoscere e mangiare l'acquacotta proprio qui, conservando e tramandando questa tradizione anche in questa zona della Romagna. Una ricetta frutto della transumanza. Si trattava all'epoca di una minestra in brodo calda, arricchita dal pane senza sale e dall'olio e nella stagione primaverile dalle verdure che le davano più sapore, ma anche, per renderla più sostanziosa, da lardo, guancia o cotenna di maiale. Si preparava nel paiolo di ferro, facendo un brodo con le cipolle e poi si aggiungevano anche patate e baccalà.

Oggi è una vera e propria zuppa di verdure, che variano a seconda della stagionalità, ma come base si usano cipolle e sedano, ma anche il basilico, in primavera ed estate, come i pomodori. Poi ci sono erbe e verdure di campo, come ad esempio la cicoria o le bietole. Non manca in 'epoca moderna' l'uovo, messo spesso sulla zuppa bollente ancora crudo, o il formaggio grattugiato. Ovviamente come in tutte le ricette tradizionali, ogni famiglia ha i suoi segreti.

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