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Salute

Interruzioni volontarie di gravidanza: in Emilia Romagna flessione del 40% in 13 anni

Lo scorso anno sono state 7.130, -7% rispetto al 2016. Nel 2004 avevano sfiorato quota 12mila. Interruzioni in calo sia tra italiane che tra straniere

Continuano a diminuire, in Emilia-Romagna, le Interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg): nel 2017 sono state 7.130, il numero più basso registrato annualmente in regione dall’inizio della rilevazione, nel 1980. Il dato, in calo rispetto al 2016 (-7%), conferma dunque il trend di riduzione che ha caratterizzato gli ultimi anni, in particolare dal 2004, quando erano state registrate 11.839 interruzioni: nell’arco di 13 anni, il calo è stato del 40%. "Sono dati importanti, che ci confermano quando sia fondamentale una scelta consapevole di maternità- sottolinea Sergio Venturi, assessore regionale alle Politiche per la salute-. In Emilia-Romagna lavoriamo da tempo su questi temi, così delicati; i Consultori svolgono un ruolo fondamentale, ma si interviene già sui banchi di scuola. Anche la contraccezione gratuita, che la nostra Regione ha introdotto dal primo gennaio di quest’anno per un’ampia fetta di popolazione, può contribuire a far diminuire ancora di più le gravidanze inaspettate e ridurre quindi ulteriormente le interruzioni volontarie di gravidanza, seppur già in costante calo nella nostra regione a partire dal 2004".

Ivg in calo sia tra italiane che straniere

Prosegue dunque, nel 2017, il decremento delle Ivg effettuate da donne residenti in regione (6.321). Rispetto all’anno precedente, diminuiscono sia gli interventi a carico delle residenti con cittadinanza italiana (3.679: 247 casi in meno del 2016), sia quelli a carico delle donne residenti con cittadinanza straniera (2.642: 223 casi in meno del 2016). Contemporaneamente cala il numero di Ivg effettuate da donne non residenti in regione (809 in totale, 88 casi in meno rispetto all’anno precedente). Negli ultimi tredici anni, con il calo degli interventi e, in parte, fino al 2010, con la crescita in parallelo della popolazione femminile in età feconda residente in Emilia-Romagna, il tasso di abortività regionale (Ivg di residenti per 1.000 donne residenti in età 15-49) è passato dal 10.4 nel 2004 al 6.9 nel 2017. Inoltre, sebbene sia sempre più elevato in confronto a quello della popolazione italiana (15,7 rispetto al 4,9‰), anche il tasso di abortività della popolazione straniera risulta in netto calo nel corso degli anni analizzati (era 40.4‰ nel 2003).

Il consultorio familiare: sempre più un punto di riferimento anche per le donne italiane

Si conferma il ruolo centrale del consultorio familiare nell’assistenza al percorso dell’Interruzione volontaria di gravidanza, e come luogo dove ottenere il certificato per poterla effettuare. La scelta del consultorio prevale nettamente fra le cittadine straniere (80,7%), ma negli ultimi anni è diventato sempre più un punto di riferimento anche per le donne italiane: nel 2017 le certificazioni effettuate in consultorio riguardano il 64% delle Ivg effettuate da italiane, erano il 47,4% nel 2005.

Il profilo socio-demografico delle donne

Analizzando le caratteristiche delle donne residenti che hanno fatto ricorso all’Ivg nel 2017, la distribuzione per classi d’età rimane abbastanza stabile, con la maggioranza dei casi concentrati nelle fasce 25-29 anni (20,5%), 30-34 anni (23,4%) e 35-39 anni (21,2%). Il 55,5% delle donne è nubile, il 38,6% coniugata, il 5,9% è separata, divorziata o vedova; il 64,1% delle donne risulta avere almeno un figlio. Il 40,3% delle donne ha una scolarità bassa (5,2% licenza elementare o nessun titolo e 35,1% diploma di scuola media inferiore), il 46,5% ha un diploma di scuola media superiore e le laureate sono il 13,2%. Il 53,1% delle donne risulta occupata, il 16,8% casalinga, il 20,7% disoccupata o in cerca di prima occupazione.

La modalità: prevale ancora l’intervento chirurgico, in aumento il ricorso all’RU486

Relativamente alla modalità, prevale l’utilizzo dell’isterosuzione (60,2%), cioè dell’intervento chirurgico; modalità comunque in calo, a favore di un aumento del ricorso al trattamento farmacologico (RU486), che ha riguardato 2.104 casi (29,5% del totale). Tra le donne che hanno usufruito del farmaco c’è una prevalenza di cittadine italiane (64%), sebbene nel corso degli anni il dato indichi un accesso sempre maggiore a questo metodo anche da parte della popolazione straniera (nel 2008 le italiane erano il 78,3%). L’introduzione della metodica medica non ha causato un aumento nel numero dei casi di aborto: piuttosto, ha portato a un’anticipazione (in termini di età gestazionale) dell’interruzione e a una riduzione dei tempi di attesa.

L’obiezione di coscienza

Nelle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna che praticano Interruzioni volontarie di gravidanza, l’incidenza dell’obiezione di coscienza tra il personale dipendente riguarda la metà dei medici ostetrici-ginecologi (50,5%) e meno di un terzo dei medici anestesisti (27,1%). I corrispondenti dati medi nazionali (2016) risultano decisamente più elevati (rispettivamente pari al 70,9% e al 48,8%).

Educazione alla sessualità: si parte dai banchi di scuola

Proseguono gli interventi di educazione alla sessualità nelle scuole da parte degli Spazi Giovani consultoriali: tutti i progetti sono stati inseriti nel Piano regionale della Prevenzione 2015-2018, in modo da garantire un miglior governo della tematica e monitoraggio locale. Nell’anno scolastico 2016/2017 i progetti offerti hanno coinvolto 43.812 adolescenti, pari al 18,9% della popolazione target (residenti 14-19 anni).

Dal primo gennaio 2018, contraccezione gratuita in regione per determinate fasce d’età

Dal 1° gennaio 2018, tutte le donne e gli uomini di età inferiore ai 26 anni possono ricevere gratuitamente il metodo contraccettivo (compresa la contraccezione di emergenza) e una consulenza da parte del medico o dell’ostetrica rivolgendosi ai consultori familiari delle Ausl o agli Spazi giovani. La contraccezione gratuita è riconosciuta anche a tutte le donne con età compresa tra 26 e 45 anni che abbiano una esenzione per disoccupazione o per lavoratrici colpite dalla crisi, nei 12 mesi successivi a un parto o nei 24 mesi successivi a una interruzione volontaria di gravidanza. Una misura, questa, introdotta da un’apposita delibera della Giunta regionale, per rafforzare gli obiettivi della preservazione della fertilità femminile e maschile e del benessere sessuale, relazionale e riproduttivo di adolescenti e giovani adulti.

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