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Variante di salvaguardia, i Liberaldemocratici all'attacco: "Altri hanno preferito cartelli e assenza"

"Il risultato è che, al netto dei comunicati e dei cartelli, un solo gruppo ha orgogliosamente denunciato fino all’ultimo questo grande errore e ha votato contro la Variante di salvaguardia: i Liberaldemocratici per Cesena"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di CesenaToday

"C’è chi ha scelto l’impostazione circense, sventolando cartelli e suonando campanelle, e c’è chi ha argomentato con vigore le ragioni di un dissenso. C’è chi ha partecipato fino alla fine dei lavori del Consiglio Comunale votando contro alla variante di salvaguardia, e c’è chi ha pensato che fosse meglio alzarsi e andare via, soddisfatto di aver portato in Consiglio Comunale le tristi scene alle quali spesso assistiamo a Roma. Il risultato è che, al netto dei comunicati e dei cartelli, un solo gruppo ha orgogliosamente denunciato fino all’ultimo questo grande errore e ha votato contro la Variante di salvaguardia: i Liberaldemocratici per Cesena.

Abbiamo chiesto di poter votare per parti separate, così da poter esprimere il nostro assenso esclusivamente all’insediamento di due aziende che necessitano di ampliare le proprie sedi, in assoluta coerenza con la nostra nota e decisa attenzione verso il mondo delle imprese. Altri hanno pensato che questo non fosse importante, che non fosse importante rappresentare i cittadini manifestando con chiarezza un voto. Noi invece siamo rimasti fino alla fine, denunciando la decisione di far tornare agricoli 164 ettari, creando figli e figliastri proprio a ridosso di elezioni che avranno le osservazioni urbanistiche come convitato di pietra.

Non siamo riusciti a capire il perché di questa fretta, se non per aumentare la connotazione “green” a tre mesi dal voto, ma ad un prezzo altissimo. Sarebbe bene ricordare, ad esempio, che le banche hanno in garanzia oltre il 50% delle aree di trasformazione e che si vedono congelato il bene per il quale hanno dato finanziamenti sulla base di previsioni urbanistiche certificate: quale sarà la loro reazione? I proprietari delle aree saranno in grado di fronteggiare eventuali richieste di rientro delle esposizioni? E se tali esposizioni diventassero perdite per le banche, questo si rifletterà in una ulteriore stretta del credito a famiglie ed imprese?

Sarebbe bastato maggiore confronto, ovviamente ben diverso da quello effettuato con 400 cittadini la scorsa estate, che si fosse basato su una visione meno dogmatica e tranciante. Per esempio, si poteva dare vita ad un Programma pluriennale triennale nel quale inserire solo quelle aree i cui proprietari fossero stati disponibili a cederle, a prezzo calmierato, per costruire prime case o comunque edilizia sociale, dove l’incidenza del terreno non superasse il 10-15% del costo totale. Stessa cosa poteva essere fatta per le aree produttive, assumendo criteri che tenessero conto delle specificità costruttive o di recupero. Voler consumare meno territorio per il futuro è una finalità apprezzabile, ma c’è modo e modo per realizzare un principio, e quello utilizzato in questo caso non è assolutamente condivisibile.

Così facendo, oltre ad eliminare aree destinate ad edilizia sociale (evidente contraddizione con la sbandierata volontà di aumentarne la quantità), si traccia chiaramente il futuro urbanistico di Cesena, che avrà un solo nome: Quartiere Novello. Mentre tutto intorno diventa sovradimensionato e merita di essere pesantemente ridotto, nessuno pensa di affermare la stessa cosa del Quartiere Novello: questo lascia intendere che chiunque vorrà costruire lo dovrà fare lì, con buona pace del libero mercato".

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