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Suicidio assistito, Popolari per Cesena: "Preoccupati per la sentenza della Corte costituzionale"

"Una sentenza che ha una rilevanza culturale contraria alla dignità dell’essere umano e della sua vita"

"Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla non punibilità dell'aiuto al suicidio per chi sia già determinato a togliersi la vita, indicando, di fatto, le linee guida di una futura legge in merito ad una materia sulla quale era stato sollecitato invano l’intervento del legislatore"."In un anno il governo di Di Maio e di Salvini (così sensibile quest’ultimo alla difesa dei “valori cristiani”) non è  riuscito a mettere nell’agenda politica il tema scottante del “fine vita”, abdicando di fatto alle proprie responsabilità". E' la riflessione dei Popolari per Cesena.

"Noi vogliamo rilanciare - proseguono -  facendole nostre, le parole di Papa Francesco: 'Si può e si deve respingere la tentazione - indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia". Sono le parole con cui si apre la nota dei Vescovi italiani a commento della sentenza della Corte".

"Ne condividiamo sconcerto e preoccupazione per una sentenza che ha una rilevanza culturale contraria alla dignità dell’essere umano e della sua vita.  Come cattolici “maturi” (e “pubblicamente” perché essi sono tali sempre e non solo in privato), vogliamo affermare con nettezza il valore inviolabile della vita in ogni suo stadio e condizione, dalla nascita alla fine naturale, attraverso i vari stadi della esistenza, nelle condizioni di lavoro, nella giustizia sociale, nella lotta alle discriminazioni, nell’accoglienza verso chi cerca una vita degna scappando da guerra e miseria, nell’accompagnare senza emarginare chi è malato, nell’accompagnare senza emarginare chi è “diverso”.

"Auspichiamo - concludono i Popolari per Cesena - che le forze politiche al governo mettano mano ad una legge sul fine vita che corregga l’impostazione culturale data dalla Corte, e che vada nel senso di affermare dignità all’accogliere, all’accompagnare, allo stare vicino, al dare speranza, al vivere la solidarietà e non al lavarsi le mani e a staccare spine.  Noi siamo pronti al dialogo e a dare il nostro contributo, ma nel rispetto di questa nostra “diversità” che pacatamente proponiamo a chi incontriamo e a cui non possiamo rinunciare".

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