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Orientamento sessuale, il Pri risponde alla diocesi: "Insegnamento importante per difendere le minoranze"

Per il segretario del Pri, Romano Fabbri, sarebbe necessario "incrementare la comunicazione attraverso l’insegnamento e canali mediatici"al fine di "difendere le minoranze da violenze e abusi"

Continua il dibattito a Cesena dopo la presa di posizione della Diocesi, contraria alla scelta del Comune di Cesena di aderire alla rete anti-discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere "Ready". Per il segretario del Pri, Romano Fabbri, sarebbe necessario "incrementare la comunicazione attraverso l’insegnamento e canali mediatici"al fine di "difendere le minoranze da violenze e abusi per approdare a una legislazione adeguata".

Per Fabbri, infatti, "l’informazione corretta fa funzionare meglio la democrazia e l’Italia. Una democrazia funziona se le persone che vanno a votare sono bene informate: se hanno letto o ascoltato sciocchezze, bugie, veleni, votano male e poi va a finire come va a finire. Già ora non è che vada benissimo. Il Consiglio pastorale diocesano e delle aggregazioni locali hanno definito la scelta del Comune di Cesena di aderire a Ready un fatto grave. Vale a dire che informare col supporto della didattica e della scienza per creare le condizioni di scelte consapevoli al fine di superare le discriminazioni per orientamento sessuale e di genere è sbagliato. Nulla di nuovo sotto il sole e non mi stupirei che un giudizio più o meno simile e comunque critico possa essere dato dalla maggioranza dei genitori a prescindere dal credo religioso o dai cittadini trasversalmente".

Prosegue Fabbri: "Non a caso un rappresentante autorevole di una lista civica (Cambiamo), che ha espresso il candidato sindaco con personaggi di spicco della cultura laica liberaldemocratica, si è attestato sulle stesse posizioni di severa critica a Ready. Sui problemi relativi all’identità di genere e al sesso, sia dal punto di vista teorico e scientifico che dal punto di vista legale e pratico nei paesi occidentali si parla da tempo, la società italiana non si è ancora adattata a ciò che sappiamo sulle differenze di genere. Il glossario stesso (tras-gender in contrapposizione a cis-gender e agender) fatto di termini inglesi non aiuta e crea confusione su argomenti molto complessi".

"Come sempre accade in natura qui sulla terra non è tutto bianco o nero ci sono un’infinità di sfumature - prosegue -. Quando un bambino nasce gli viene assegnato un sesso – maschio, M, o femmina, F – in base ai suoi organi genitali esterni . Poi però bisogna prendere atto che molte persone nascono e crescono in una condizione di discontinuità tra sesso e identità di genere: per esempio ci sono – e ci sono sempre state – persone che sono anatomicamente donne ma si sentono uomini, oppure né donne né uomini, oppure donne in alcuni periodi e uomini in altri ed altro. Risulta difficile, se non impossibile, difendere le minoranze da violenze e abusi senza una conoscenza oggettiva diffusa per approdare a  una legislazione adeguata".

Per il segretario del Pri, "una soluzione è quella di incrementare la comunicazione attraverso l’insegnamento, canali mediatici. Un’altra strategia è quella di raccogliere informazioni sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere attraverso censimenti e indagini nazionali, mai fatti nel nostro Paese, anche concentrandosi su tematiche specifiche come il lavoro e la salute, per essere in grado di avere contezza della situazione sociale della minoranza .Può anche darsi che l’approccio al problema non sia perfetto. Di certo non è mai stata una soluzione mettere la cenere sotto il tappeto".

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