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La peste suina africana si 'avvicina' all'Emilia Romagna: "Adottare misure per tenere lontani i focolai"

Da gennaio 2022 si è diffusa progressivamente in aree circoscritte sul versante ligure piemontese e di recente si è registrata un’escalation di nuovi casi

Peste suina africana. Crescono i casi alle porte della nostra Regione, nella zona montana a cavallo tra Liguria e Piemonte. I consiglieri Matteo Daffadà, Gian Luigi Molinari, Massimo Bulbi hanno presentato una risoluzione: «Per ora non si registrano focolai in Emilia-Romagna, ma vanno intraprese tutte le azioni affinché la malattia venga eliminata radicalmente. La sua diffusione porterebbe gravissimi danni economici»

La Peste suina africana avanza in modo minaccioso e continua a fare paura. Da gennaio 2022 si è diffusa progressivamente in aree circoscritte sul versante ligure piemontese e di recente si è registrata un’escalation di nuovi casi. «Il rinvenimento di tre carcasse di cinghiale infette in territorio piemontese e ligure non lontano dal confine con il territorio montano della provincia di Piacenza e Parma ha risvegliato l’allarme - dicono i consiglieri Matteo Daffadà, Gian Luigi Molinari, Massimo Bulbi che hanno presentato una risoluzione in Assemblea regionale - nonostante non vi sia alcun rischio per la salute pubblica, l’infezione può essere trasmessa ai suini domestici con conseguenze economiche gravissime».

A rischio quindi l'intera filiera della suinicoltura. «Con il nostro atto impegniamo la Giunta a intraprendere qualsiasi azione utile affinché i focolai di peste suina africana rimangano isolati e non si estendano alla nostra regione. In queste importanti attività di monitoraggio si potrebbe coinvolgere chi già presidia il territorio. Chiediamo inoltre che ci si adoperi affinché l’attività del governo sia improntata all'eliminazione radicale della malattia - proseguono i consiglieri - in pericolo ci sono il settore produttivo della suinicoltura e l’industria agroalimentare ad esso collegata».

La filiera regionale conta circa 1200 allevamenti, un milione di capi e una produzione lorda di 307 milioni di euro, nella quale sono comprese le varie Dop regionali, i prosciutti di Parma e Modena e numerosi salumi. Occorre quindi innalzare al massimo di allerta la sorveglianza nel settore del selvatico e investire sulle misure di biosicurezza nel settore domestico.

«La Regione Emilia-Romagna ha adottato importanti misure precauzionali per prevenire la diffusione della malattia e identificarne precocemente l’eventuale ingresso, in particolare per quanto riguarda i cinghiali - precisano i consiglieri - Ma non dobbiamo abbassare la guardia. Sull’intero territorio regionale viene applicata la sorveglianza passiva prevista dal Piano Nazionale, è stata avviata la ricerca attiva delle carcasse nei territori più a rischio e sono stati stanziati fondi per incentivare l’adozione delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini. Si tratta di un pilastro fondamentale nella prevenzione dell’infezione per evitare le possibilità di contatto con i cinghiali, responsabili del mantenimento del virus nell’ambiente e della sua diffusione in virtù delle grosse distanze che possono coprire anche giornalmente. È stata inoltre effettuata una campagna di comunicazione rivolta a tutti i cittadini finalizzata all’adozione di comportamenti corretti per la prevenzione della diffusione della malattia e per la sorveglianza della stessa».

La Regione Emilia-Romagna ha stanziato fondi straordinari per arginare il rischio del contagio della peste suina africana attivando le necessarie misure di sorveglianza sanitaria e finanziando le azioni di controllo della popolazione di cinghiali.

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