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Autonomia regionale, Lelli (Pri): " Prudenza ed avanti con i piedi di piombo"

"Il problema non è legato alla legittimità, ma alla opportunità", si sofferma il segretario regionale del Pri, Renato Lelli

Il presidente della Giunta regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini insiste insieme agli altri presidenti di regione interessati perché il governo concluda l’iter di approvazione del provvedimento sulla autonomia differenziata. "Il problema non è legato alla legittimità, ma alla opportunità - si sofferma il segretario regionale del Pri, Renato Lelli -. La possibilità di una maggiore autonomia da parte delle Regioni è prevista dalla Costituzione, esattamente dal terzo comma dell’articolo 116, introdotto con la riforma del 2001 ed è possibile per quelle regioni che hanno bilanci in ordine; queste ultime possono chiedere allo Stato l’assegnazione di maggiori competenze rispetto a quelle che hanno normalmente le regioni a statuto ordinario. Utilizzando questa strada nel 2017 le due regioni ove la trazione lega è maggiore, e dopo un referendum plebiscitario nell’ esito, utile non a chiedere l’opinione dei cittadini di quella Regione ma a rafforzare la richiesta, hanno avviato l’iter per una richiesta di maggiore autonomia a cui si è accodata anche la nostra regione".

"La struttura tecnica della Presidenza del Consiglio qualche settimana fa ha elaborato un documento di analisi delle criticità della pre-intesa tra Governo e regioni interessate dalla Autonomia basato essenzialmente su quattro punti: il rischio che con la totale cessione delle materie delegabili (23, richieste sia da Veneto che Lombardia) non si risponda a particolari esigenze di quel territorio su alcune tematiche ma che si allarghi il numero delle regioni a statuto speciale, aumentando di fatto le regioni autonome; la necessità che su alcune materie si mantenga un coordinamento nazionale (vedi ad esempio finanza pubblica, sistema tributario, grandi opere infrastrutturali); il pericolo che per servizi soggetti a cambiamento radicale rispetto all’ attuale sistema come per la scuola o la sanità la novità porti ad una ripartizione delle risorse non equa ed a forti disequilibri tra i servizi offerti nelle diverse regioni; e la necessità che su di una riforma di tale portata vi sia un ruolo ed un coinvolgimento del Parlamento reale e che quindi il tutto non possa passare attraverso una semplice intesa Governo – Regione".

"Il ministro Tria ha giustamente sottolineato come gli effetti del nuovo sistema portino ad un aumento della spesa o ad un taglio delle prestazioni per le Regioni meno ricche. Ovvio che uno dei nodi fondamentali da sciogliere sia relativa alla quota trattenuta dalla singola regione per effettuare la prestazione - prosegue Lelli -. Si è quindi partiti dalla richiesta delle regioni del Nord di trattenere fino al 90% delle tasse pagate dai propri cittadini, per cercare poi un accordo tra le forze di governo e con le singole Regioni. L’Emilia Romagna insiste nel dire che la richiesta di questa regione parte da presupposti diversi rispetto alle altre, ossia dalla volontà di non aumentare i costi effettivi rispetto ad oggi, ma solo di trasferire la competenza di questi da Stato a Regione. Le altre regioni – Veneto e Lombardia – non sono assolutamente d’accordo su queste premesse. Di fatto non può essere che l’accordo con le singole regioni pur essendo distinto parta da principi e punti di partenza diversi per ogni realtà. Deve esserci una base comune, di qui l’inopportunità che l’Emilia Romagna si imbarcasse sullo stesso treno di enti governati dalla Lega, che oggi si fanno forti nella loro richiesta sottolineando che questa nasce non da una sola parte. Quindi prudenza, avanti con i piedi di piombo e soprattutto evitiamo di mettere in piedi una riforma i cui effetti, magari non voluti da tutti, sarebbero quelli di  spezzare ancor più di come è oggi in due il paese, tra un Nord più ricco e un Sud più povero".

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