L'intitolazione del Liceo a Ilaria Alpi con il libro "Ciao Ibtisam" raccontato da Serena Marotta
Il 7 febbraio 2019 il libro "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" della giornalista palermitana Serena Marotta, viene presentato a Cesena presso il liceo linguistico, che sarà intitolo a Ilaria Alpi, l’inviata del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme al suo operatore Miran Hrovatin.
Saranno presenti Mariangela Gritta Grainer autrice della prefazione del libro e già presidente dell’associazione Ilaria Alpi, il giornalista Francesco Cavalli, l’editore Fabio Gagliano e la scrittrice Clotilde Alizzi. L’autrice del libro inchiesta sarà in collegamento da Palermo. Una splendida iniziativa quella che vedrà coinvolti gli studenti e i docenti in una mattinata dedicata a Ilaria. La tavola rotonda si terrà nell'aula magna della facoltà di Psicologia di Cesena a partire dalle 8.30 con le classi terze, quarte e quinte e si svolgerà su due turni alla presenza anche delle autorità. L’idea di intitolare il liceo all’inviata del tg3 uccisa a Mogadiscio 25 anni fa è stata dei docenti e dei 1030 studenti.
"Ibtisam" è la traslitterazione della parola araba che significa sorriso. La scelta del titolo nasce dal desiderio di fare un omaggio a Ilaria Alpi, inviata del Tg3, che amava il mondo arabo. Ilaria che tutti ricordano proprio per quel sorriso che non l’abbandonava mai. Ilaria Alpi era una persona determinata, una «signora giornalista», una persona semplice e generosa. Ha tanto voluto quel viaggio, il settimo, l’ultimo. Con lei il 20 marzo 1994, a Mogadiscio, c’era l’operatore Miran Hrovatin di Videoest di Trieste. Quello è stato il loro ultimo viaggio. Sono passati ventiquattro anni da quell’esecuzione avvenuta per le strade di Mogadiscio. Ventiquattro anni senza conoscere la verità, tra depistaggi, false dichiarazioni, ritrattazioni. Ci sono stati tre processi e una Commissione d’inchiesta parlamentare per tentare di dare un volto e un nome a chi ha voluto questo duplice omicidio. Due tesi opposte si sono fronteggiate in questi anni: quella della sparatoria conseguente a un maldestro tentativo di rapina, nel quale emerge la figura del capro espiatorio Hashi (il somalo arrestato e poi liberato dopo anni di carcere) contro quella, ben più consistente, di un attentato premeditato per bloccare le inchieste che Ilaria stava conducendo in terra somala su un coacervo di traffici illeciti di armi e rifiuti, scomode anche per l’Italia. “Ciao, Ibtisam” mette insieme i tasselli di un mosaico. Una storia che ha visto susseguirsi e precedere una serie di morti sospette. Il libro si apre con il racconto di quei momenti: l’agguato a Ilaria e Miran. Dal secondo capitolo, invece, incomincia a tracciare il percorso seguito dagli inquirenti che si sono occupati delle indagini sino ad arrivare al processo di primo grado del 1999 contro il somalo Hashi Omar Hassan. Per passare poi a delineare i fatti di cronaca del periodo in cui viene commesso il duplice omicidio. Quindi si parla dei due processi, quello della Corte d’Appello del 20 ottobre 2000 e d’Appello-bis del 10 maggio 2002, che vedono imputato ancora lui: Hashi, detto “Faudo”.