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La Società di Studi Romagnoli celebra il 700° della morte di Dante con un convegno e un’impresa letteraria

Accanto al convegno dantesco, la Società di Studi Romagnoli comunica anche il completamento di un’impresa editoriale di tutto rispetto: l’edizione critica dell’opera “Della difesa della Comedia di Dante”

La Società di Studi Romagnoli, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, partecipa alle celebrazioni per il 700° della morte di Dante Alighieri (1321-2021) con due iniziative culturali: un convegno storico e un’impresa editoriale.

Il convegno su “Dante e le signorie di Romagna” si svolgerà on line, sabato 9 ottobre 2021, dalle ore 9 alle ore 13. L’assise intende mettere a fuoco il quadro e le problematiche delle signorie romagnole nel Trecento in rapporto al Sommo Poeta e alle vicende del suo esilio, per poi affrontare il complesso scacchiere delle famiglie ivi dominanti: Da Polenta (Ravenna), Malatesti (Cesena e Rimini), Manfredi (Faenza), Montefeltro (Urbino), Ordelaffi (Forlì), Pagani (Susinana).

Dopo i saluti di Alessia Morigi (presidente della Società di Studi Romagnoli) e Luca Lorenzi (vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena), interverranno Leardo Mascanzoni (Università di Bologna) su “Le signorie di Romagna nel Trecento”, Anna Falcioni (Università di Urbino) su “Dante, i Montefeltro e i Malatesti”, Enrico Angiolini  (Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell'Archivio di Stato di Modena) su “Dante, gli Ordelaffi e i Da Polenta”, Giorgio Godi  (dottore di ricerca in Storia, Università di Bologna) su “Dante, i Pagani di Susinana e i Manfredi”, Aangelo Chiaretti (Centro Studi danteschi “San Gregorio in Conca”) su “«Florentinus natione non moribus». Dante Alighieri in Romagna”, Walter Amaducci (Istituto Superiore di Scienze religiose “Sant’Apollinare” di Forlì) su “Dante fra Polentani e Vincaretani”, Michele pagani  (Università di Bologna, Campus di Ravenna) su “Il fregio pittorico di Adolfo De Carolis del “Palazzetto veneziano” di Ravenna”.

Leardo Mascanzoni, partendo dallo spunto dei versi 28-54 del XXVII canto dell’Inferno (il colloquio di dante con l’anima di Guido da Montefeltro), analizza il concetto di “signoria”, la nascita delle signorie in Romagna, le loro caratteristiche socio-economiche, il rapporto coi massimi poteri universalistici dell’epoca e coi cittadini – sudditi, la loro politica ‘interna’ ed ‘estera’, il rapporto con la cultura.

Anna Falcioni ricostruisce, attraverso lo sguardo poetico di Dante, il significato politico delle dinastie Montefeltro e Malatesta nella Commedia. Dante ha riservato un trattamento particolare ai Malatesti suoi contemporanei: in maniera diretta o indiretta ha citato nel poema ben cinque componenti di questa famiglia;  tutti all’Inferno, e ben tre di costoro vi entrano ancora vivi: Mastin Vecchio, Giovanni e Malatestino. L’importanza e la particolaritò du una citazione così puntuale dei canti V, XXVII e XXVIII da parte di Dante, che non è mai stata sottolineata dalla critica, saranno messe in rilievo attraverso il confronto comparativo con le fonti storiografiche malatestiane coeve e postume.

Enrico Angiolini affronta i rapporti di Dante con gli Ordelaffi signori di Forlì e con i Da Polenta signori di Ravenna, che – rappresentando rispettivamente il tratto iniziale e quello conclusivo dell’esilio dantesco, distanti nel tempo ma anche nell’animo del poeta – mostrano perciò fra loro sostanziali differenze.

Giorgio Godi tratta dei dannati faentini più celebri e sventurati dell’Inferno (alberigo Manfredi e Tebaldello Zambrasi) e del «demonio» Maghinardo Pagani da Susinana che Dante forse incrociò nella sua vita e a cui sicuramente non perdonò alleanze, astuzie e doppi giochi.

Angelo Chiaretti, parlando di un Dante romagnolo (la Romagna – Romania ha occupato cetramente un posto primario nella mente e nel cuore del poeta), chiarisce il senso dell’affermazione secondo cui la terra «in sul lito adriano» (dalla Pineta a Cattolica) non va considerata “un ultimo rifugio”, come volle Corrado Ricci, ma piuttosto una vera e propria patria, per la quale vivere e morire.

Walter Amaducci prospetta l’intrigante ipotesi di Dante a Cesena e Michele Pagani parla del distrutto fregio pittorico di Adolfo De Carolis a Ravenna.

Il link per il collegamento potrà essere scaricato dal sito della Società: www.societastudiromagnoli.it. Il convegno,  è patrocinato dal Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali dell’Università di Parma.

Accanto al convegno dantesco, la Società di Studi Romagnoli comunica anche il completamento di un’impresa editoriale di tutto rispetto: l’edizione critica dell’opera “Della difesa della Comedia di Dante” composta dal cesenate Iacopo Mazzoni (Cesena, 27 novembre 1548 - 10 aprile 1598). L’opera, in 5 volumi (2.720 pp.) più 1 di indici, è stata curata da Claudio Moreschini, Luigia Businarolo e Sara Petri, con il sostegno del Credito Cooperativo Romagnolo.

Formatosi a Bologna e a Padova, grande erudito, letterato e filosofo, in possesso di una dottrina spaventevole, professore nelle Università di Macerata, Roma e Pisa, il Mazzoni era dotato di alto ingegno, che anche il genio del collega Galileo Galilei apprezzò e rispettò, perfino quando da lui dissentì. Mazzoni si era proposto di difendere la Commedia e il suo autore, attaccati nel Cinquecento da un libello antidantesco di un certo Ridolfo Castravilla, rimasto ignoto. La prima parte della Difesa fu pubblicata a Bologna nel 1572 con lo pseudonimo Donato Roffia, poi a Cesena nel 1573 con il nome dell’autore e ancora con una nuova edizione nel 1587. L’opera, in 7 libri, fu completata nel 1688 dai colti sacerdoti Mauro Verdoni e Domenico Buccioli.

Capolavoro del dantismo, quattro secoli prima dell’Enciclopedia dantesca della Treccani, dove il Nostro si è giustamente meritato una voce redatta da Arnaldo Di Benedetto. Mazzoni, apprezzato dal granduca Ferdinando, tenne in Firenze letture e fu iscritto alle più importanti Accademie, a partire dall’Accademia della Crusca.

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