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L'intervista possibile a Fabrizio Gifuni, a Cesena il suo "Straniero - Un'intervista impossibile"

L'attore porta sul palco del Bonci la lettura "Lo Straniero - Un'intervista impossibile" ispirato al capolavoro esistenzialista di Albert Camus

Fabrizio Gifuni rappresenta l'eccellenza dell'attuale panorama teatrale e cinematografico italiano. Formatosi con Orazio Costa, ha debuttato in palcoscenico con le regìe di Massimo Castri facendosi in seguito ideatore ed interprete di diversi progetti, come Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione, sviluppato insieme a Giuseppe Bertolucci. Con L'ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro ha ricevuto il Premio Ubu 2010 come miglior spettacolo e come miglior attore dell'anno. Al cinema ha collaborato, fra gli altri, con Gianni Amelio, Marco Tullio Giordana, Ridley Scott, Liliana Cavani, Giuseppe Bertolucci e Paolo Virzì. 

Domani e mercoledì sera sarà in scena al Bonci con Lo Straniero - Un’intervista impossibile, ispirato a L’Étranger di Albert Camus: quali domande si è posto, come attore, per dare fisicità ad un personaggio esistenziale ed apatico, come è Meursault?

Partirei spiegando l'origine dello spettacolo: Lo Straniero è nato due anni fa in occasione del Festival Torino Spiritualità, su proposta del Circolo dei Lettori che mi ha chiesto se potevo affrontare questo testo per una serata unica al Carignano. La reazione del pubblico è stata così forte che io per primo ho deciso di portare poi la lettura in diversi teatri italiani. In scena, insieme a me, c'è G.U.P. Alcaro, il quale ha costruito un tessuto sonoro che non è un semplice sfondo al racconto, ma si intreccia al testo in maniera evocativa. Quello che ho cercato di fare come attore è ciò che cerco di fare ogni sera con rinnovato stupore, cioè raccontare la storia di Meursault lasciando vivere il personaggio . Un'operazione che è possibile per via della naturale disposizione del romanzo al teatro, per due motivi: il suo essere raccontato in prima persona e la sua fortissima carica sensoriale. Riguardo il primo punto, l'unica voce è quella del protagonista, e quindi si può fare un lavoro completamente dall'interno - a differenza di ciò che avevo fatto con Gadda e Pasolini, o più di recente con la Lehman Trilogy, dove i personaggi apparivano e scomparivano dietro alla terza persona. Il secondo punto invece riguarda ciò su cui si fonda il gioco attoriale, quindi gli elementi tattili, olfattivi e soprattutto legati alla luce di cui il romanzo è ricchissimo e che io, insieme a G.U.P. Alcaro e Roberta Lena (che ha curato la messa in scena) abbiamo sviluppato.

E' un testo che ha una forte carica simbolica...
Ho provato a non pensare a tutto quello che il romanzo è diventato nel tempo, ossia quasi un manifesto dell'esistenzialismo. Camus voleva solo raccontare una storia, e così anch'io: non voglio pensare alle migliaia di pagine critiche e filosofiche scritte su L’Étranger, ma semplicemente cercare di condividere un'esperienza con il pubblico. Questo è ciò che più mi emoziona e che continua a rendere il teatro la mia casa: il ritrovarsi di corpi differenti in uno stesso spazio. Condividere ogni sera una storia con un pubblico diverso significa cercare ogni sera di attivare un campo magnetico fra i corpi vivi degli spettatori e i corpi vivi in scena. In un'epoca di corpi smaterializzati nelle nuove tecnologie, il teatro resta ancora un'esperienza unica ed irripetibile. Per concludere, non parto da un'idea precostituita, non c'è la volontà di suggerire una lettura particolare della storia: io cerco di sparire dietro a Meursault e cerco di far ricostruire allo spettatore il proprio rapporto con lo "straniero", che è lo stesso Meursault così come l'arabo che viene ucciso, ma che siamo anche noi. 

Tabucchi scriveva: "Un luogo non è mai solo 'quel' luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati." Da Gadda a Pasolini, passando per Cortázar e Bolaño, fino naturalmente a Camus, si può dire che per lei questa affermazione vale, più che per i luoghi, per alcuni autori ai quali ha scelto di prestare voce ed interpretazione? 

Esattamente, Tabucchi sintetizza in maniera fulminante quello che cercavo di dire. Essere stranieri a se stessi significa scoprire volta dopo volta quello che ci appartiene e quello che è dentro di noi. Può essere un luogo, un essere umano, un libro, un'esperienza, siamo in grado di contenere moltissime cose. Poi nel corso della nostra esistenza ognuno di noi decide di portare alla luce un numero ridotto di esse, ma in fondo tutto parte dall'interno. Le voci di questi personaggi o di questi autori io le cerco sempre dentro di me, prima che all'esterno. Una suggestione può arrivare dall'esterno ma poi la ricerca è tutta interiore.

Che cosa è cambiato, se è cambiato, nel suo modo di fare teatro dopo l’incontro con Luca Ronconi? Oppure - ha riscontrato un’affinità fra i vostri approcci al lavoro? 

Entrambe le cose, in effetti. Ogni incontro con persone straordinarie cambiano un po' il corso degli accadimenti e il modo di guardare le cose. L'esperienza con Luca Ronconi, così come gli incontri con il mio maestro Orazio Costa o Giuseppe Bertolucci o Massimo Castri sono stati tutti incontri che hanno cambiato il mio sguardo, così come il mio percorso su Gadda, Pasolini e Camus. Allo stesso tempo con Ronconi c'erano anche tante affinità, come ad esempio un'attenzione molto forte per la lingua italiana e i suoi autori, la necessità di lavorare molto sulla lingua stessa nel modo in cui chi fa teatro ha la possibilità di fare, e poi l'attenzione verso un certo tipo di drammaturgia che molto spesso si è focalizzata su materiali che non nascevano come materiali teatrali, ma che poi lo sono diventati attraverso un lavoro di invenzione di un testo nuovo, passante a sua volta da un lavoro di drammaturgia che appassiona moltissimo me e che ha appassionato moltissimo Luca. Gli spettacoli su Gadda e Pasolini sono nati da due testi non drammaturgici. Anche per Lo Straniero in qualche misura è così, trattandosi di un testo letterario prestato alla scena, ma in questo caso è stato solo un lavoro - minimo - di riduzione: degli undici capitoli originali abbiamo ricavato nove quadri.

Lo spettacolo Lo Straniero - Un'intervista impossibile sarà in scena il 12 e 13 aprile (ore 21) al Teatro Bonci di Cesena. Martedì pomeriggio al Centro Cinema San Biagio si terrà la proiezione del film di Paolo Virzì Il capitale umano, che è valso a Gifuni il David di Donatello, il Nastro d'argento ed il Premio Vittorio Gassman per l'anno 2014. Mercoledì pomeriggio è previsto un incontro con l'attore sempre al San Biagio, cui seguirà nuovamente lo stesso film.

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