A Processo la Romagna "delle 5 marce su Roma"
La Romagna sarà stata pure “solatia dolce paese” come l’ha decantata il grande Giovanni Pascoli, tra i primi a nobilitarla nel panorama nazionale. Quella stessa Romagna però non ha mai nascosto una sua sete di potere. Una voglia di conquistare Roma ed entrare nella mitica “stanza dei bottoni”, come disse Pietro Nenni. È come un fil rouge che ha attraversato i secoli, dall’antichità romana al Risorgimento, sino al fascismo: personaggi, luoghi e ideali diversi. Stesso anelito di salire sullo scranno più alto, quello del comando.
È un terreno poco battuto, persino dalla storia. Portato d’attualità dal tradizionale processo del 10 agosto, ore 21, a San Mauro Pascoli. Lo organizza come sempre Sammauroindustria, l’associazione che da 18 anni mette alla sbarra fatti e personaggi della Romagna e oltre, che hanno lasciato una impronta indelebile nel corso dei decenni. Come nel caso dello speciale “imputato” edizione 2018: “La Romagna delle cinque marce su Roma”.
A guidare l’accusa è lo storico dell’Università di Bologna, Roberto Balzani. Alla difesa Stefano Folli, editorialista di Repubblica ed ex direttore del Corriere della Sera. In qualità di testimoni, per un inquadramento storico dei fatti, altri due docenti dell’Alma Mater bolognese: lo storico dell’Antichità Giovanni Brizzi e lo storico dell’età contemporanea Fulvio Cammarano. Presidente del Tribunale Gianfranco Miro Gori, fondatore del Processo, Presidente di Sammauroindustria.
Lo scenario dell’evento è sempre la Torre di pascoliana memoria a San Mauro Pascoli, luogo dal forte carico simbolico: amministrata da Ruggero Pascoli, padre di Giovanni Pascoli, ucciso da ignoti proprio il 10 agosto del 1867.
Il verdetto del Processo viene emesso dal pubblico presente munito di paletta. L’organizzazione è di Sammauroindustria.
La Romagna delle cinque marce su Roma
Sono cinque le volte che la Romagna ha cercato di salire sul gradino più alto della storia. Ecco chi sono stati i protagonisti di quelle vicende.
Il primo è stato Brenno, condottiero gallo, ricordato per il sacco di Roma nel 390 avanti Cristo. A capo di un popolo migrante, raggiunse quella che veniva chiamata la Gallia Cisalpina, la regione dei Senoni (l’attuale Romagna e Marche). Dopo l’uccisione di un capo Senone da parte dei romani, Brenno con il suo esercitò cercò di conquistare Roma, respinto dal condottiero Furio Camillo, come sostiene lo storico romano Tito Livio.
Più celebre la vicenda della seconda marcia, quella di Giulio Cesare, con il celebre Alea icta est pronunciato nel 49 a.c. prima di attraversare il fiume Rubicone, in Romagna. Da lì la sua conquista del potere sino a fregiarsi del titolo di imperatore.
La terza marcia è guidata dal generale Giuseppe Sercognani. Romagnolo d’origine (nato a Faenza nel 1780), dopo i moti risorgimentali del 1830-31 prese San Leo e Ancona, poi marciò su Roma alla testa di 2.500 volontari. Fu respinto a Rieti dalle truppe pontificie.
La quarta marcia ha visto protagonista Giuseppe Garibaldi. Anche questa vicenda storica è nota. Siamo nel 1867, Garibaldi cerca di conquistare Roma, capitale dello Stato Pontificio. All’impresa si associano centinaia di fedeli garibaldini della Romagna, l’impresa si conclude a Mentana dopo lo scontro con l’esercito papalino coadiuvato da quello francese.
L’ultima marcia è una delle più celebri, quella di Benito Mussolini, romagnolo di Predappio. Il 28 ottobre 1922 circa 25mila camice nere si mettono in marcia su Roma per la conquista del potere. L’impresa andrà a buon fine grazie alla complicità del Re, aprendo il ventennio di dittatura del fascismo.