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Incrementi fino al 600%, Confcommercio: "Tassa rifiuti iniqua per le imprese"

"Nel 2013, con il passaggio dalla Tarsu alla Tares, l'incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti è stato del 290% e per alcune tipologie di imprese è arrivato addirittura al 500%, come per la ristorazione"

"Un distributore di carburante che già pagava poco meno di 5.000 euro all'anno di Tares, con il nuovo tributo dovrà aggiungere a tale importo ulteriori 289 euro per una spesa totale di 4.961 euro". E' quanto emerge da uno studio condotto dalla Confcommercio sul peso della Tari, la tariffa rifiuti sulle imprese, di cui entro mercoledì si deve pagare la seconda rata. I dati sono indicativi anche della realtà cesenate.

"Nel 2013, con il passaggio dalla Tarsu alla Tares, l'incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti è stato del 290% e per alcune tipologie di imprese è arrivato addirittura al 500%, come per la ristorazione, con punte di oltre il 600% per l'ortofrutta e le discoteche - analizza l'associazione di categoria -. A tali aumenti – relativi alla sola componente rifiuti - devono essere aggiunti quelli registrati nel corso del 2014 dovuti all'introduzione della Tari e pari, mediamente, al 2,7%. Incrementi particolarmente significativi per alcune categorie merceologiche, come i distributori di carburante, i supermercati, i negozi di ortofrutta. La nuova Tari appesantisce ulteriormente un carico fiscale già pesante".

"La causa - sostiene Confcommercio - è da imputarsi prioritariamente al peso dei piani finanziari dei Comuni, sia in relazione al loro costo complessivo, sia a causa della loro estrema variabilità tra le diverse realtà territoriali. Situazione ancor più critica e ingiustificata se si considera che tale disomogeneità si registra all'interno di Comuni appartenenti non solo alla stessa Regione ma anche alla stessa provincia e che, pertanto, hanno parametri riferibili a popolazione, tessuto imprenditoriale, densità abitativa e condizioni territoriali quantomeno similari".

"La peculiarità di questi dati è che le vistose ed ingiustificabili differenze del costo del servizio tra i vari Comuni presi a riferimento sono connotate da una sostanziale analogia dei livelli dei servizi erogati - prosegue l'associazione di categoria -. In tutte le coppie di Comuni confrontati la percentuale di raccolta differenziata è, infatti, analoga. Un'occasione che avrebbe dovuto essere colta, imponendo, ad esempio, che già a partire dal 2015, nella determinazione dei costi del servizio, il comune debba obbligatoriamente avvalersi delle risultanze dei fabbisogni standard. Un primo passo per lasciarsi alle spalle le vistose iniquità che i vari tributi locali hanno prodotto negli ultimi anni".

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