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Imprese, il presidente di Confcommercio Patrignani: "Per lo sviluppo serve ridurre il carico fiscale"

Come esempio viene citata l'Imu: "nel comprensorio ci sono sei comuni che la applicano al massimo, all’aliquota del 10,6 per mille: Cesena, Sarsina, Verghereto, Gatteo, Roncofreddo e San Mauro Pascoli"

La prima politica per lo sviluppo delle imprese? "Abbassare le tasse, a tutti i livelli, incluso quello locale: così ci chiedono ogni giorno le piccole imprese cesenati". E' l'opinione del presidente di Confcommercio Cesena, Corrado Augusto Patrignani. "I Comuni - analizza - si industriano a elaborare politiche innovative, ma prima vanno fatte le cose semplici ed essenziali: un punto in meno di Imu vale più di tante parole e voli pindarici ed è una scelta politica seria e coraggiosa".

"Come una precisa (e sbagliata) scelta politica è di converso alzare al massimo la leva fiscale e fare pagare alle imprese la parte maggiore del conto - sostegne Patrignani -. Le cose semplici sono quelle più difficili da fare, chissà perché. Come ad esempio, pagare le tasse - per un’impresa - se c’è presenza di utile, non quando c’è passivo. Cosa paghi, se non guadagni? Ormai non è più sufficiente neppure lavorare un anno per pagare le tasse ed è inutile tentare di stabilire il giorno della liberazione fiscale, perché esso non esiste. Possibile?". Il presidente di Confcommercio Cesena ribadisce che "la prima politica seria a favore delle imprese è ridurre il carico fiscale".

Come esempio viene citata l'Imu: "nel comprensorio ci sono sei comuni che la applicano al massimo, all’aliquota del 10,6 per mille: Cesena, Sarsina, Verghereto, Gatteo, Roncofreddo e San Mauro Pascoli. Il valore medio provinciale è di 9,4%, sensibilmente alto. E cinque comuni del Cesenate hanno inoltre applicato la Tasi per immobili ad uso produttivo. Prendiamo la Tari, tariffa dei rifiuti. Tante categorie del settore commercio, turismo e terziario pagano tariffe troppo alte e inique, non corrispettive ai rifiuti prodotti e smaltiti. Ogni Comune ha la facoltà di stabilire la ripartizione percentuale tra utenze domestiche ed extradomestiche (che comprendono le unità produttive). Cesena per le imprese prevede una quota del 40%, Savignano e Gambettola del 45%, Cesenatico del 57%, San Mauro del 51%, Gatteo del 59%. Al contrario Mercato Saraceno del 32%, Verghereto del 31%".

"Perché questa marcata diversificazione fra i comuni nella ripartizione dei costi tra utenze domestiche ed extradomestiche? - si chiede Patrignani -. Non è ora di procedere a una uniformità verso il basso? Gli imprenditori chiedono di pagare in base a quanto producono e conferiscono per lo smaltimento. Vogliono pagare un servizio e non un tributo. Prendiamo l’addizionale Irpef, tassa che non corrisponde ad alcun effettivo servizio erogato dai Comuni: solo due Comuni del cesenate (Longiano e Sogliano) non l’hanno introdotta. L’aliquota massima dello 0,80% è stata fissata da Bagno di Romagna e Gatteo, altri hanno applicato l’aliquota in base agli scaglioni di reddito. Il discorso può proseguire per quel che riguarda Cosap (tassa di occupazione su suolo pubblico), imposta sulla pubblicità, tassa di soggiorno in quei comuni, fra cui Cesena, in cui è stata applicata".

"Dulcis, anzi... amarus in fundo - conclude -. L’incertezza della tassazione locale, sottoposta a incessanti variazioni. I contribuenti sono sommersi da una selva di sigle (quelle sui rifiuti cambiano una all’anno). Ora si attende la local tax, ma il quadro è sempre oscuro e confuso. E chi deve pagare non può pianificare né capire fino a quanto arriverà a prelevare il fisco. Questo non significa essere cittadini contribuenti, ma sudditi vessati, in barba alla Costituzione".

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