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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Federmoda: "Febbraio un altro mese drammatico", sos dei negozi di abbigliamento

E dopo l’ingresso in zona rossa i negozi di abbigliamento sono chiusi. “Fino a quando lavoravano – rimarca il direttore Confcommercio cesenate Giorgio Piastra - per il 66% delle imprese c’è stato un peggioramento"

 Non si è verificato, l’auspicato “rimbalzo” per i saldi invernali dopo il tonfo (-41,1%) registrato a gennaio. Secondo un'indagine effettuata da Federmoda Italia-Confcommercio anche nel territorio cesenate, infatti, le vendite di abbigliamento, calzature e accessori sono scese in febbraio del 23 % rispetto allo stesso mese del 2020.

E dopo l’ingresso in zona rossa i negozi di abbigliamento sono chiusi. “Fino a quando lavoravano – rimarca il direttore Confcommercio cesenate Giorgio Piastra - per il 66% delle imprese c’è stato un peggioramento, seguono quelle che hanno avuto una stabilità (19,4%), mentre il 14% ha venduto di più. Il calo, per un'impresa su quattro è stato tra il 50 e il 90%, per effetto dei forti sconti proposti alla clientela pur di smaltire le scorte. Quasi otto imprese su 10 (il 77,5% per la precisione) ha infatti proposto sconti tra il 30 e il 50% e il 33,8% del 50%. La maggior parte delle transazioni è avvenuta cashless, soprattutto con pagobancomat. Solo il 7,6% dei clienti ha utilizzato i contanti, soprattutto per le spese a basso importo. Il “podio” dei prodotti più venduti vede sul gradino più alto la maglieria (49%), seguita da giubbotti, cappotti e piumini (38,8%) e pantaloni e jeans (32%). Molto male, invece, gli abiti da uomo (4%)".

“Servono aiuti immediati alle imprese –afferma la presidente di Federmoda Confcommercio cesenate Ivana Arrigoni - , liquidità, moratorie fiscali e contributive, sostegni per far fronte alle locazioni commerciali e, considerando l'andamento ancora una volta negativo dei saldi, un indispensabile contributo sotto forma di credito d'imposta del 30% sulle rimanenze, capace di superare l'annoso problema dei magazzini. Serve, infine, discontinuità e un ripensamento delle restrizioni alle aperture che riguardano quasi esclusivamente il nostro comparto. Non si riesce ancora a comprendere perché un negozio di abbigliamento o di calzature o di pelletteria, nonostante i sacrifici fatti e gli investimenti in sicurezza, rientri tra le pochissime attività commerciali che devono rimanere chiuse per decreto. Se i negozi soffrono, i colossi del web gioiscono con fatturati più che raddoppiati. Nonostante l'apprezzata introduzione della digital tax, ci aspettiamo di operare in un mercato a parità di regole e di tassazione realmente proporzionata agli introiti effettuati nel nostro Paese”.

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