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Confesercenti: "Imu contro il rilancio del terriorio"

E’ il grido di allarme di Confesercenti che vede a rischio l’attività di molti operatori, già da tempo alle prese con gli effetti della grave crisi economica che investe l’intero Paese

L’aliquota Imu (Imposta municipale unica) base del 7,6 per mille applicata ad alberghi e negozi “è già di per sé un gravoso aumento della pressione fiscale, se poi i Comuni decidessero di aumentarla o portarla al 10,6 per mille, come discrezionalmente previsto dal decreto sul federalismo municipale (e come sta avvenendo in parecchi Comuni), si trasformerebbe in una vera sentenza di condanna per il settore”. E’ il grido di allarme di Confesercenti che vede a rischio l’attività di molti operatori, già da tempo alle prese con gli effetti della grave crisi economica che investe l’intero Paese.

Si parla di aumenti che potrebbero incidere da un minimo del 30% fino ad oltre il 110%. In base ad una simulazione effettuata dall’ufficio economico dell’Associazione, per quanto riguarda ad esempio gli alberghi gli aumenti a carico col passaggio dall’ICI all’IMU per il 2012 sarebbero tra il 30 e il 95% rispetto ai valori delle imposte 2011.Per quanto riguarda il commercio, la pressione fiscale per un negozio che nel 2011 pagava di Ici 1456,6 euro si potrebbe trasformare con l’IMU nel 2012, in 3568,0 euro, con un aumento del 145,0%.

“Pressioni fiscali così gravose sono evidentemente contrarie a politiche di sviluppo e di rilancio del settore commerciale e turistico”. Per questo motivo la Confesercenti Cesenate si appella al Comune affinché faccia una politica di contenimento del livello delle aliquote, come previsto nell’ambito della propria autonomia. In particolare, il presidente della Confesercenti  di Cesena Vanni Zanfini chiede “che venga considerata la difficile situazione  e la fase di recessione che stiamo attraversando, che vede in particolare le piccole imprese, già in forte difficoltà a far fronte agli attuali livelli di tassazione, nella concreta impossibilità di sopportare ulteriori oneri, pena l’uscita dal mercato di un gran numero di esse e importanti perdite sul fronte occupazionale”.

 

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