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Bar, ristoranti stellati e pizzerie: come ripartire? "Serve più spazio, intanto le consegne danno ossigeno"

Lo chef stellato Alberto Faccani: “Noi al Magnolia le distanze le abbiamo sempre avute. Da tavolo a tavolo ci sono sempre stati più di due metri"

Riaprire, una parola che ormai sta diventando un incubo per gestori di bar, ristoranti e locali in genere perché oltre  al “quando” (il presidente della Regione ha fatto capire che potrebbe essere il 18 maggio), le questioni riguardano anche il come, il con chi e se, con meno posti a disposizione, l’attività sarà sostenibile a livello economico.

“Bisognerà rivedere tutto quello che abbiamo fatto fino a oggi  - spiega Luca Collini di Casamadie, ex Pappareale -  improvvisamente tutto è diventato vecchio. Non succederà più che la gente passa davanti al locale ed entra; dovremo cercare strategie per trovare clienti. Noi a livello pratico ci stiamo muovendo per chiedere più suolo pubblico. Attualmente all’esterno abbiamo 20 posti ma se i clienti dovranno essere distanziati  due metri uno dall’altro, il numero potrebbe calare. Per quello stiamo cercando più spazio, ma nella nostra posizione non è semplicissimo allargarsi”.

E il personale? “Da trentadue che eravamo, tra Casamadie, l’albergo sopra Casamadie e il locale di Cervia, siamo rimasti in tre – continua Collini – e questo mi rattrista molto. Eravamo una gran bella squadra ma ora, inevitabilmente, prima di riassumere, devo capire come sarà.  Non potremo riaprire 24 ore al giorno com’eravamo prima. Anzi, per dirla tutta non abbiamo ancora capito come muoverci, quindi penso che la partenza non sarà così semplice.  Sicuramente saremo cauti. Lavoriamo online, con le consegne e con l’asporto. E questo, ormai è diventata una certezza, lo manterremo anche nel tempo.  Cerchiamo comunque di restare ottimisti e fiduciosi, come sempre noi la voglia di metterci in gioco è la nostra caratteristica, speriamo che tutto vada bene veramente…”

Diverso il discorso per un ristorante stellato come Magnolia a Cesenatico. Lo chef Alberto Faccani è molto tranquillo. “Noi le distanze le abbiamo sempre avute. Da tavolo a tavolo ci sono sempre stati più di due metri. Inoltre la giusta attenzione per il cliente è una nostra prerogativa.  Per noi, quindi, non fa differenza aprire il 18 maggio o il 1 giugno, anche perché stiamo facendo degli investimenti e dei lavori di ristrutturazione. Non abbiamo fretta e, in verità, preferirei riaprire senza l’obbligo di servire i clienti con la mascherina. Per ora facciamo le consegne a casa e vanno molto bene. E’ bello vedere i nostri clienti nelle loro abitazioni e, quando andiamo a fare la consegna, fermarsi un attimo a fare due chiacchiere con loro”.

La Michiletta, ristorante storico del centro di Cesena, non può contare su posti esterni e quindi dovrà fare i conti con quello che può contenere all’interno del locale. “Continueremo con l’asporto, la consegna a domicilio e per qualche cliente faremo anche servizio al tavolo – spiega Rocco Angarola, proprietario e cuoco – Ma alla fine dovremo tirare anche le somme e capire se ci conviene tenere aperto per 10 coperti oppure no. Per quanto riguarda le disposizioni di sicurezza ogni giorni facciamo sanificazione con l’ozono e i clienti devono sentirsi assolutamente sereni. Che dire? Speriamo che tutto vada bene”.

 “Da quasi subito abbiamo riattivato la pizzeria con consegna a domicilio impegnando due o tre persone del nostro staff – spiega Andrea Spinelli di Spiaggia 23, pizzeria e centro sportivo a Case Finali – E da due settimane abbiamo inserito l’asporto, anche quello funziona ma è poca cosa rispetto al carico di lavoro che abbiamo a ritmo normale.  Per la riapertura ci stiamo riorganizzando anche noi, ovviamente, anche se non abbiamo ancora capito se ci vorrà il plexiglass o sarà sufficiente la distanza da un tavolo all’altro. Una buona cosa è che noi abbiamo la possibilità di diversificare l’entrata e l’uscita. Inoltre abbiamo studiato un servizio di prenotazione al tavolo per limitare i contatti coi camerieri.  Noi abbiamo la fortuna di essere all’aperto e quindi all’esterno possiamo allargarci per distanziare meglio i tavoli. Ma quello con cui bisogna fare i conti  – spiega Spinelli – è anche la risposta delle persone. Magari noi ci prepariamo a ricevere molti clienti e invece la gente preferisce mangiarsi la pizza  a casa. Penso che sia necessario iniziare con cautela e poi, pian piano guardare come va”.  Per quanto riguarda il centro sportivo le cose sono un po’ più difficili. “Noi abbiamo vari campi di gioco coperti – spiega Spinelli – ma al coperto quest’anno sembra che non si potrà giocare se non uno contro uno. Il fatto è che abbiamo dei costi molto alti per scoprirli tutti e poi ricoprirli in autunno. Anche in questo caso è un rischio perché se poi la gente non viene diventa un’operazione antieconomica e, visto che abbiamo già perso due mesi e mezzo di incassi, dobbiamo prestare attenzione ai conti”.

Anche l ’ippodromo de Savio si trova in attesa. Sembrava che un protocollo per gli ippodromi d’Italia fosse pronto ma poi ci sono stati problemi e contrasti all’interno del Ministero delle Politiche Agricole e tutto si è fermato.  Per il gruppo HippoGroup, la cosa più probabile sembra che Bologna chiuda la stagione invernale a porte chiuse e poi si aspettino indicazioni per il Savio di Cesena. E’ stata ipotizzata anche un’apertura spostata, tipo nella prima settimana di luglio, quando la visione sulla situazione sarà ancora più chiara. E poi si pensa ad accessi contingentati, posti sulle tribune distanziati, postazioni per gli operatori messe in sicurezza. Insomma il lavoro da fare è molto e di certezze ancora, a poco più di un mese dall’apertura ordinaria dell’ippodromo del Savio (fine giugno), non ce ne sono.

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