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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Tante storie su quei tavolacci", le atmosfere magiche delle vecchie osterie di Cesena

Tante le storie che si nascondono nelle vecchie osterie della città, che dagli anni Trenta agli anni Cinquanta animavano le serate dei cesenati

"E' Ciain" "E' putein", "Dalla ciurina", questi sono alcuni dei nomi delle osterie che dagli anni Trenta agli anni Cinquanta animavano le serate a Cesena. Erano locali aperti tutto il giorno frequentati dai carrettieri, dai muratori, dai lavoratori di basso rango ma anche dagli artisti che in cambio di un bottiglione di vino cedevano i loro quadri. A raccontarne le storie è stato Africo Morellini, medico, repubblicano e appassionato della storia di Cesena, in una serata piena di atmosfera organizzata dagli Amici del Monte e da Edera Spinelli, responsabile del circolo Endas di Ponte Abbadesse. Per una sera, cattolici e repubblicani insieme a discettare delle storie passate su quei tavolacci, senza tovaglia, con un bicchiere di vino e le carte come unici amici.

"La differenza tra ricchi e poveri era molto accentuata in quel periodo - ha raccontato Africo Morellini - mentre i ricchi abitualmente frequentavano il Caffé Forti, sotto il palazzo del Ridotto (dove ora c'è Babbi Caffé) insieme al conte Teodorani Fabbri, detto "baffi a spranga", il federale del fascio imparentato con Mussolini (il figlio aveva sposato la figlia di Arnaldo Mussolini), la maggior parte dei cesenati del centro storico erano lavoratori, gente che faceva fatica e l'unica soddisfazione era andare la sera in osteria a bere e a far due chiacchiere".

Morellini ha anche fatto una mappa delle osterie più famose. La maggior parte erano dislocate in corso Comandini, vicino ai giardini pubblici, altre in zona ex Pescheria, dove, per esempio c'era la famosa "Nasona", una romagnola particolarmente verace che sopra dormiva e sotto teneva aperta l'osteria per i lavoratori. Praticamente casa bottega. Anche a Porta Trova, Porta Santi e Porta Fiume, zone di passaggio dei carrettieri in transito, le osterie potevano trovarsi a pochi metri l'una dall'altra. Oltre al vino (rigorosamente Sangiovese o Albana) alcune osterie cucinavano anche qualcosa, ma poco. Pancetta da mangiare col pane, pane e salumi, o trippa. Il più delle vole i clienti dovevano accontentarsi di un pezzo di pane con qualcosa che facesse companatico. Negli anni 40 e 50 iniziarono a mettere le tovaglie di tela cerata e scomparvero dai muri le tavolette per accendere i fiammiferi.  

"A Porta Santi c'era Dosto - ha spiegato Morellini nel suo racconto - un simpatico oste rimasto nella memoria perché proprio nella sua osteria un sera di fine Ottocento si sentirono le urla del conte Negri mentre veniva ucciso. Il conte gridò 'E basta Limon' mettendo le guardie sulla buona strada e facendo loro capire che a ucciderlo era stato il suo nemico Limon. Oppure l'oste di Corso Comandini, E' Ciain, maniaco della pulizia. Era caratteristico perché nel giorno dei becchi (San Martino) metteva due corna di bue sul manubrio della bicicletta e se ne metteva altre due su un casco in testa e poi, conciato così, si fermava davanti ai negozi in cui si diceva che il titolare fosse cornuto. O ancora 'E' putain' (letterlamente il puttano) nella cui osteria di piazza Amendola andò a morire un altro personaggio famoso a Cesena, un certo 'Pitin', che viveva di elemosina e per superare la rigidità dell'inverno preferiva trascorrerlo in galera. Quando incominciavano i primi freddi iniziava a offendere a destra e a manca finché qualcuno non chiamava le guardie che lo portavano alla Rocca. Pitin, una sera, entrò nell'osteria e disse di non sentirsi molto bene. A un certo punto mentre era seduto al tavolo con E' putain, l'oste, gli disse, 'fatti in là che voglio morire', si accasciò e morì lì dove, sicuramente, avrebbe voluto morire, in un'osteria, tra il vino e gli amici di sempre".

Ma le osterie, ha raccontato Morellini, non erano solo nel centro storico. Nacquero anche nelle frazioni, a Borello, a Martorano, a Settecrociari. Lì c'erano anche molti circoli politici, gestiti come osterie. "C'erano i circoli socialisti e quelli repubblicani - ricorda Morellini - E all'inizio del Novecento iniziarono a organizzarsi anche i cattolici dando vita a quelli che vennero chiamati i circoli de "El prit", del prete. Dentro ai circoli politici si tenevano delle dispute sulla simpatia o antipatia del gestore, sulla politica locale o sulla scelta della provenienza del vino. Si creavano delle vere e proprie fazioni che, qualche volta, davanti a qualcuno un po' troppo irascibile potevano trasformarsi anche in litigi a mani alzate".

Una serata per ricordare una Cesena che, nel bene e nel male, non c'è più. La certezza è che in quelle vecchie osterie, con tavoli sbucciati, sedie traballanti e banconi non proprio tirati a lucido, grazie al fatto che i cellulari non erano ancora stati inventati, c'era più voglia di parlare e di guardarsi negli occhi. ci si guardava un po' di più negli occhi e si parlava di più. 

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