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Cronaca

Quando il sesso si faceva in dialetto e si rimorchiava nei campi: la tradizione dei romagnoli a letto

Oggigiorno si rimorchia in discoteca o al massimo in un pub. Una volta si rimorchiava durante la scartocciatura delle pannocchie o la mietitura

Oggigiorno si rimorchia in discoteca o al massimo in un pub. Una volta si rimorchiava durante la scartocciatura delle pannocchie o la mietitura, complice il sudore, il calore del sole e gli stornelli provocanti degli uomini. A ricordare queste due situazioni particolarmente erotiche e altri aspetti del sesso e amore in Romagna è Beppe Sangiorgi nel suo ultimo libro "Sotto le coperte non c'era miseria. Sesso e amore nella Romagna popolare" con prefazione di Cristiano Cavina, edito da Il Ponte Vecchio, presentato  sabato pomeriggio nell'aula magna della Biblioteca Malatestiana. 

Un libro veramente spassoso, ben scritto, denso di informazioni, ma soprattutto una preziosa raccolta ragionata di documenti, aneddoti, proverbi, modi di dire su un aspetto che in Romagna viene vissuto, da sempre, con una naturalità e una certa dose di sfrontatezza forse uniche in Italia. "Per i romagnoli parlare di sesso, anche in modo schietto e vivido, è come parlare di grano, di pioggia - spiega Sangiorgi - Il sesso è sempre stato riproduzione, molto fisica e naturale. Nel libro, ovviamente, riporto i modi di dire in dialetto - dialetti che vanno da Imola a Rimini, da Ravenna a Sarsina - e io penso che certe frasi dette in dialetto si addolciscano, perdano la volgarità che hanno tradotte in italiano". 

E' un libro che sta tra l'antropologico e il divertimento e che, in un qualche modo, ci regala una nuova visione sul mondo di "una volta". Gli uomini non erano affatto bigotti e riservati, ma "galletti" e molto schietti. E le donne? Le donne, soprattutto, quelle anziane, addirittura sfrontate nel modo di parlare e scherzare. Mentre le giovani sicuramente meno pudiche di quello che solitamente si potrebbe pensare. 

E le parolacce? Erano sulla bocca di tutti, anche dei cosiddetti benpensanti. Gli organi sessuali erano chiamati con il loro nome e anche i borghesi si scontravano scambiandosi invettive come 'testa d’ cazz'. Anche se in Romagna - si legge nel libro di Sangiorgi - il termine 'cazz' si riferisce a molte altre cose. Per esempio il 'cazz impéri' indica la salsa di pinzimonio, il 'cazz marén' indica la melanzana e 'bell cazzáz' è sinonimo di bellimbusto. Per quanto riguarda i sinonimi del membro maschile sono minori a quelli dell'organo femminile che viene chiamato anche "balusa, bargnacula, flepa, franzesca, pisaja e bafiona". Mentre per quello dell'uomo abbiamo usel, batoc, pistola, e pochi altri.

I bambini, sempre secondo il libro, a sette anni diventavano adulti e potevano iniziare ad ascoltare i discorsi dei grandi, comprese le allusioni sessuali. Era normale anche che dormissero in un unico letto insieme a mamma e papà e questi liberamente consumassero i loro doveri coniugali. Del resto, come viene ripetuto "E' il letto il teatro dei poveretti, il loro divertimento" e come recita un detto popolare tra le donne che hanno appena partorito "Fòra la doja, l'entra la voja" (fuori il dolore e ritorna la voglia degli appetito sessuali). 

Il libro è pieno di aneddoti divertenti come quello di due anziani sposi che discutevano su quale sarebbe stato l'epitaffio nella tomba dell'uno e dell'altro. Lui disse "Qui giace Maria, fredda come sempre”». E la donna, a testimoniare la schiettezza e la causticità delle donne romagnole, rispose che avrebbe fatto scrivere sulla tomba di lui: «Qui giace Mingon, finalmente duro". 

E per finire in bellezza, una ragazza romagnola che andava in bicicletta tenendosi la gonna, al pataca che le urlò "Ehi, hai paura che ti scappi?" rispose "Mio bel pataca, come ha fatto il pelo, può fare anche le penne..." Sangiorgi racconta di come le donne romagnole siano sempre state donne che giravano con la testa alta, ironiche, sferzanti, e che se venivano tradite, pur col cuore gonfio di dolore, non lo davano a vedere ma magari all'amica dicevano "Se il mio uomo va con le altre è segno che piace". 

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