Sepoltura dei feti abortivi, Articolo 1: "Si rispetta l'anonimato ma è inopportuna la collaborazione tra Diocesi e Ausl"
Non dubitiamo della correttezza della diocesi. Riteniamo però molto discutibile che questa sua legittima iniziativa debba rientrare in una qualche forma di collaborazione istituzionale con l'Ausl"
"Anche a Cesena si è aperta una discussione pubblica intorno alla sepoltura dei feti abortivi, inaugurata dall’associazione “Ipazia liberedonne” e da altre numerose organizzazioni". Articolo 1 esprime la sua posizione in una nota.
"Le procedure previste da Ausl Romagna e dall’ospedale Bufalini per questo tipo di sepolture non hanno niente a che fare con le vicende romane, con feti e reperti abortivi sepolti all’insaputa di madri pubblicamente identificate con tanto di nome e cognome sulle croci, essendo concepite in modo tale da garantire, nella più assoluta riservatezza, la dignità delle persone coinvolte".
"Tali procedure - spiega Articolo 1 - si collocano all'interno delle norme regionali, con una variante: mentre la Regione prevede la possibilità, per la donna o la coppia, di scegliere o rifiutare di farsi carico della sepoltura del feto, a Cesena è consentita una terza opzione, riservata a coloro che rifiutano: quella di delegare tale funzione alla diocesi, che la assolve in modo gratuito, nel rispetto dell'anonimato dei richiedenti e dopo aver compiuto un’apposita cerimonia religiosa. Noi non dubitiamo della correttezza della diocesi, alla quale deve essere garantita la piena libertà e responsabilità delle sue iniziative. Riteniamo però molto discutibile che questa sua legittima iniziativa debba rientrare in una qualche forma di collaborazione istituzionale con l'Ausl, tanto da essere formalizzata, tra le opzioni possibili, nel modulo presentato preliminarmente alla persona che sta per abortire. Si tratta di un terreno molto scivoloso, nel quale – anche al di là delle buone intenzioni – è molto facile superare il confine che separa una funzione pubblica (per sua natura laica) e l'affermazione di valori particolari, come sono a tutti gli effetti quelli di ogni confessione religiosa. In altre parti d'Italia, infatti, iniziative come queste vengono strumentalmente finalizzate a vergognosi attacchi contro la legge 194 e la libertà di scelta della donna".
"Sarebbe opportuno, secondo noi, - conclude Articolo 1 - che l’Ausl recedesse da questa forma di collaborazione e che la diocesi provvedesse in piena autonomia a diffondere informazioni e conoscenze relative a questa sua attività. L’ente pubblico, in altri termini, dovrebbe limitarsi a registrare la volontà della donna o della coppia, lasciando poi, a chi intenda optare per la sepoltura, la possibilità di rivolgersi a chi vuole".