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Cronaca

"Return to play" post-Covid da incubo per gli atleti agonisti bloccati: boom di richieste per i certificati e ambulatori ingolfati

Le famiglie di ragazzi e ragazze che svolgono attività sportiva agonistica e hanno contratto il covid, stanno diventando matti per trovare un posto libero in ambulatorio per fare il certificato e presentarlo alle società sportive

C'è un problema che sta assillando il mondo sportivo giovanile, il suo nome è "return to play", letteralmente ritorno all'attività, in concreto un certificato medico (tra cui anche ecocardiogramma color Doppler con esame spirometrico) da effettuare dopo la guarigione da covid.

Le famiglie di ragazzi e ragazze che svolgono attività sportiva agonistica e in questi ultimi mesi hanno contratto il covid, infatti, stanno diventando matti per trovare un posto libero in ambulatorio per fare il certificato e presentarlo alle società sportive per rientrare in palestra e allenarsi. Gli ambulatori (sia pubblici che privati) che effettuano questo tipo di certificati, infatti, sono sommersi da richieste e i primi appuntamenti utili sono prenotabili verso la fine di marzo. Il rischio è che gli sportivi non solo non riescano a rientrare a fare attività agonistica ma nemmeno allenarsi in palestra e stiano per due mesi lontani dalle loro squadre. Un "blocco" dell'attività sportiva così lungo e giustificato solo da un inghippo burocratico può avere anche un effetto scoraggiante e demotivante in un giovane sportivo, senza considerare il fatto che le stesse società stanno facendo i salti mortali per far fronte ai campionati, non sospesi, pur avendo in alcuni casi un numero ridotto di atleti a disposizione.

Una soluzione? Attualmente non s'intravede. Tra i genitori stanno girando anche numeri e indirizzi di ambulatori medici che sembrano più liberi (si parla comunque di attese di due o tre settimane), ma, spesso bisogna spostarsi anche di 40 chilometri per fare una visita.  

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