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Cronaca Cesenatico

Omicidio Benini, la badante contro la nipote: "Gli chiedeva soldi e lui voleva escluderla dall'eredità"

La donna ha raccontato i forti dissidi economici tra l'anziana vittima e Paola Benini: "Lei voleva diventare amministratore di sostegno"

Forti dissidi per motivi economici tra Alfredo Benini la nipote Paola e un rapporto conflittuale di quest'ultima con la badante dell'anziano. E' quanto emerso, in estrema sintesi, nell'ultima udienza del processo che vede sul banco degli imputati, per omicidio volontario, proprio Paola Benini

L'aggressione risale al 15 ottobre 2017, l'87enne Alfredo Benini non si è mai ripreso ed è morto in conseguenza delle lesioni il 13 maggio 2018. La pubblica accusa è rappresentata dal pm Sara Posa. L'imputata è difesa dagli avvocati Flora Mattiello e Francesco Pisciotti. Raffaele Pacifico e Simona Arrigoni difendono invece le parti civili:  Anna Benini, la sorella, e Giordana Crosara il primo, Pietro Benini, Mario Benini, fratelli della vittima, il nipote Andrea Benini e Gessica Bocchini, la seconda.

Davanti al collegio dei giudici togati e popolari (presidente del collegio Rossella Talia e Marco De Leva giudice a latere), è stata la volta di due testimoni chiave dell'accusa: la badante dell'anziana vittima e il comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri di Forlì-Cesena, il colonnello Pietro D'Imperio. Presente in aula e come al solito impassibile l'imputata.

In udienza la badante moldava ha ricostruito i frequenti dissidi tra l'anziano e la nipote, sempre per motivi economici. La donna ha dapprima sottolineato che Alfredo Benini "era autosufficiente e non apriva mai la porta a sconosciuti". Poi ha ripercorso i contrasti tra l'87enne e la nipote: "Litigavano spesso, lei gli chiedeva soldi, un giorno è venuta a casa piangendo e dicendo che le si era rotta la caldaia. Lui, nonostante fosse molto infastidito, le ha dato 1000 euro".

"Un giorno 'Bini', (così chiamava affettuosamente l'anziano) - ha proseguito la badante - mi ha chiesto di accompagnarlo in banca, era molto agitato perché mi disse che lei aveva la delega e lui voleva assolutamente togliergliela. Ma Paola Benini non voleva assolutamente che io andassi in banca con lui, mi accusava di rubargli i soldi". In udienza è emerso infatti un rapporto  conflittuale anche tra la stessa imputata e la donna che si prendeva cura dell'87enne. La testimone ha sottolineato più volte come l'obiettivo della nipote fosse essere nominata amministratore di sostegno per gestire i soldi dello zio. "Un giorno è arrivata a casa una dottoressa, ha visitato 'Bini' e gli ha chiesto se era vero che fosse ormai fuori di testa, come gli aveva detto Paola. Lui, molto arrabbiato, strappò il certificato".

A casa Benini arrivò anche un avvocato: "Sei molto anziano, non vedi bene, se firmi questo foglio Paola potrà gestire meglio per te i tuoi soldi". "Lui rifiutò categoricamente e si arrabbiò anche", ha sottolineato la badante. L'87enne era davvero insospettito e si sentiva trattato male: "Al suo compleanno non è venuto nessuno dei parenti per gli auguri". Rapporti tesi a tal punto da voler escludere Paola Benini dall'eredità. "Lo accompagnai dal notaio - ha raccontato la badante - il testamento prevedeva che alla sua morte l'eredità andasse ai 5 nipoti, dichiarò di voler escludere Paola Benini, inserendo me al suo posto".

Il notaio invitò l'anziano a fare una visita che certificasse la sua piena capacità. E qui la testimone ha raccontato altre circostanze inquietanti: "La visità fu rimandata per due volte. La prima voltà non arrivò a casa Benini la macchina che doveva trasportarlo in ospedale. Nel secondo caso mi chiamarono per dirmi di rimandarla ancora". La testimone ha fatto intendere che ci potesse essere lo 'zampino' di Paola Benini che lavorava al Cup. Nel corso della testimonianza è emerso un altro particolare che mette nel mirino l'imputata. "La badante che accudiva 'Bini' prima di me mi disse che Paola Benini aveva le chiavi di casa e poteva entrare indisturbata, un giorno se la trovarono addirittura davanti rientrando nella villetta". Una circostanza che la donna ha ricollegato a un ammanco che l'aveva molto inquietata.

In udienza, sul banco dei testimoni, ha sfilato anche il colonnello D'Imperio, comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri di Forlì-Cesena. D'Imperio ha confermato, come nell'immediatezza del fatto, l'anziano disse ai primi soccorritori (i vicini di casa) di essere stato aggredito da due o tre persone. "Era sanguinante e in stato confusionale, la casa era in perfetto ordine, una scena del crimine assolutamente incompatibile con un'azione predatoria", ha rimarcato il colonnello, aggiungendo: "Non c'erano segni di effrazione alla porta, non era stato rubato niente. Dalle indagini è emerso che in quelle ore non c'erano stati furti o episodi simili nella zona, inoltre va sottolineato che la casa di Alfredo Benini era meno 'nobile' rispetto a quelle vicine".

Anche le telecamere di sorveglianza, posizionate a circa 200 metri dalla 'villetta degli orrori' non hanno segnalato il passaggio di persone sospette. Sulla figura della badante D'Imperio ha sottolineato: "Era diventata la 'donna di casa' non aveva alcun interesse che Benini morisse". Ben diversa, secondo il testimone dell'accusa, la posizione di Paola Benini. "Ci risulta che Alfredo Benini avesse richiesto la revoca della legge 104, che era a favore di Paola Benini". D'Imperio ha poi sottolineato come la nipote, sentita dapprima come semplice testimone e poi come indagata, sia stata più volte reticente e abbia reso dichiarazioni contrastanti. "Nel corso di una perquisizione abbiamo trovato una polizza vita di 26mila euro con beneficiaria Paola Benini in caso di morte dell'anziano zio, che sui conti correnti bancari aveva oltre 170mila euro". Il processo proseguirà nella prossima udienza fissata per il 21 marzo, ma un momento cruciale potrebbe essere il 15 aprile quando davanti alla corte a parlare, se lo vorrà, sarà proprio l'imputata.

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