Le mani della Camorra sul Pirata? L'appello della famiglia Pantani: "Indaghi l'Antimafia di Napoli"
Al Tribunale di Forlì mercoledì si è tenuta l'udienza, davanti al gip Monica Galassi, con cui la famiglia del Pirata, attraverso l'avvocato Antonio De Rensis, si è opposta alla richiesta di archiviazione
Le inchieste bis sugli ultimi anni di vita e sulla morte di Marco Pantani rischiano il filotto delle archiviazioni, dal momento che tali richieste sono state avanzate dalle Procure tanto a Forlì quanto a Rimini. Al Tribunale di Forlì mercoledì si è tenuta l'udienza, davanti al gip Monica Galassi, con cui la famiglia del Pirata, attraverso l'avvocato Antonio De Rensis, si è opposta alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura sul presunto complotto della Camorra sul Giro d'Italia del 1999, quella maledetta tappa di Madonna di Campiglio in cui il Pirata venne bloccato da un controllo medico per l'ematocrito troppo alto.
La speranza della famiglia Pantani che il lavoro della magistratura continui. In che modo? La richiesta è che gli atti vengano spediti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, sia per la competenza territoriale, sia perché tale struttura ha la competenze tecniche investigative per approfondire un caso intrecciato con la malavita organizzata campana. La famiglia di Marco Pantani si oppone all'archiviazione presentata dalla Procura di Forlì. La richiesta sarà valutata dal giudice per le indagini preliminari Monica Galassi nei giorni scorsi. I titolari del fascicolo, il procuratore capo Sergio Sottani e il sostituto Lucia Spirito, hanno ribadito al giudice la richiesta di archiviazione dell'indagine per i reati di associazione a delinquere finalizzata a minacce, estorsione e frode sportiva.
A Forlì era stato riaperto il caso, archiviato a Trento: l'ipotesi era che di un complotto con lo scopo di alterare le analisi del sangue di Pantani a Madonna di Campiglio per poi escluderlo dal Giro d'Italia che stava dominando. Quella approfondita dalla Procura della città mercuriale è stata quindi più che altro una versione da consegnare alla storia e non alle aule di tribunale, dati gli anni che sono passati. Perno dell'inchiesta bis è una dichiarazione del boss Renato Vallanzasca, che spiegò che in carcere gli venne fatta una confidenza su un'uscita imminente del Pirata dalla competizione sportiva. Il tutto perché contro di lui si erano concentrate della scommesse clandestine gestite dalla Camorra. Anche un'intercettazione telefonica avvalorerebbe tale tesi. Troppo poco, però, per la Procura per procedere.
Secondo l'ipotesi iniziale del Procuratore capo Segio Sottani fu la camorra a fermare il "Pirata" il 5 giugno del 1999, alla vigilia della penultima tappa del Giro d'Italia, che prevedeva la scalata del Mortirolo. Secondo quanto scritto dal procuratore capo Sottani, "un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma". Un controllo antidoping effettuato a Madonna di Campiglio trovò il pirata con un ematocrito al 51,9% contro il 50% consentito dalle norme dell'Uci, la federciclismo mondiale. Da quel momento cominciò la caduta del pirata conclusa con la sua morte, il 14 febbraio del 2004.
Per "restituire" al Pirata quel titolo del 1999 è stata aperta alcune mesi fa una petizione online che reca oltre 11mila firme, tuttavia si tratta di una procedura di difficile attuazione, sebbene importante dal punto di vista simbolico.