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Cronaca

Omicidio Manuela Teverini, la Cassazione mette la parola fine: è definitiva la condanna del marito a 20 anni

La Corte di Cassazione ha messo la parola fine sul piano processuale alla vicenda dolorosa della 35enne mamma cesenate scomparsa nel nulla il 5 aprile del 2000

Un verdetto atteso 21 anni, una lunga e intensa giornata romana per la famiglia di Manuela Teverini. La Corte di Cassazione ha messo la parola fine sul piano processuale alla vicenda dolorosa della 35enne mamma cesenate scomparsa nel nulla il 5 aprile del 2000 , dalla sua casa di Capannaguzzo, frazione di Cesena. Dopo una lunga attesa a tarda notte la Suprema Corte ha infatti rigettato il ricorso contro la sentenza d’appello, rendendo definitiva la condanna a 20 anni di carcere di Costante Alessandri. I giudici della Prima sezione penale della Suprema Corte dopo una lunga camera di consiglio  hanno accolto la richiesta del Procuratore generale.

La Cassazione ha deciso sul ricorso presentato contro la sentenza che ha condannato in appello, per omicidio e occultamento di cadavere, a 20 anni il marito Costante Alessandri. Il corpo della donna non è stato mai ritrovato. Manuela lasciò la figlia Lisa, che allora aveva appena 4 anni, oltre alla mamma e alle sorelle. Con la sentenza di condanna definitiva per Alessandri si aprono le porte del carcere. "Ora ci dica dove l'ha messa", il commento a caldo a Chi l'ha visto delle sorelle di Manuela, molto provate come la figlia Lisa, dopo la sentenza.

In udienza il procuratore generale, nel chiedere la conferma della condanna di Alessandri, ha ribadito che "Manuela aveva una vita specchiata, non aveva nessun motivo per andare via di notte, aveva già chiesto la separazione, che Costante non voleva assolutamente". In udienza è stato ripercorso anche il movente economico con l'uomo che avrebbe scoperto che la moglie aveva spostato circa 100 milioni di lire per dirottarli su conti personali, un'operarazione fatta su consiglio dell'avvocato, per evitare che Costante li sperperasse.

Presente all'udienza in Cassazione la figlia Lisa che prima del verdetto ha detto ai microfoni di Chi l'ha visto: "Non dormo da una settimana, ma ho deciso di venire", la ragazza è apparsa molto provata anche nel corso dell'udienza che si è svolta martedì mattina."Siamo tese, abbiamo grande bisogno di giustizia per tutte le donne che aspettano giustizia e non l'hanno avuta. Noi aspettiamo da 21 anni e non abbiamo mai avuto dubbi: è stato lui", ha detto la sorella Antonella. L'avvocato Carlo Benini che difende Alessandri prima dell'udienza della Cassazione ha insistito sul punto che "non ci sono prove della colpevolezza di Costante Alessandri". L'uomo ha atteso la sentenza nella sua casa.

Costante Alessandri ha passato in carcere meno di un mese

Manuela sparì nel nulla il 5 aprile del 2000, quel giorno scomparve dal garage anche la Fiat Uno della donna che ricomparve alcune ore dopo nei pressi della stazione di Cesena. Nel dicembre del 2002 Alessandri fu arrestato e rinchiuso in carcere a Forlì, dove rimase per circa un mese, restando poi libero fino ad oggi. Infatti venne scarcerato in quanto gli esiti sulla ricerca del cadavere nei pressi dell’abitazione di Capannaguzzo diedero esito negativo. In un’intercettazione confessò l’omicidio della moglie ad una prostituta che frequentava: ma davanti agli investigatori disse che lo aveva fatto per provocarli, visto che sapeva di essere intercettato.

A distanza di molti anni, la battaglia delle sorelle di Manuela e della figlia Lisa portò alla riapertura delle indagini. Testimonianze, indizi, la caparbietà degli inquirenti, il movente economico nell'ambito di un contesto di separazione non voluta portarono al rinvio a giudizio e alla condanna del marito, oggi 62enne.

La prima pagina processuale fu scritta il 18 gennaio 2019, quando in primo grado Alessandri fu ritenuto responsabile dei reati di omicidio volontario e distruzione di cadavere. Condannato a 20 anni con rito abbreviato.  Il 12 dicembre 2019 la conferma della condanna decisa dalla Corte d'Appello di Bologna. Infine il ricorso dell'avvocato Benini e l'ultimo e definitivo responso della Cassazione. Lo scorso 6 aprile l'iniziativa del Comune di Cesena per ricordare Manuela, nel parco Fornace Marzocchi delle Vigne è stata collocata in sua memoria una panchina rossa. La famiglia che era in attesa del terzo grado di giudizio aveva chiesto "una giustizia velolce, severa e senza sconti, era una donna dinamica, amava la vita e la sua famiglia". 

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