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Cronaca

In tribunale il licenziamento di Francesca Amadori. Discriminata perché donna? L'azienda: "La nostra storia è etica e serietà"

La vicenda dell'uscita dell'azienda di famiglia di Francesca Amadori approderà presto davanti al Tribunale del Lavoro di Forlì

La vicenda dell'uscita dell'azienda di famiglia di Francesca Amadori approderà presto davanti al Tribunale del Lavoro di Forlì. Aveva fatto parecchio rumore il licenziamento di Francesca Amadori, 45 anni, nipote del fondatore della famosa azienda alimentare, volto assai noto a Cesena sia per l'appartenza alla famiglia che guida il colosso alimentare avicolo da tre generazioni, sia per i ruoli sociali rivestiti in "Romagna Iniziative" che sostiene tante iniziative sportive e no-profit in città.

Amadori, un colosso da da 1,4 miliardi di euro di fatturato, per bocca del suo amministratore delegato Francesco Bderti, sostenne che il licenziamento era arrivato perché la manager, che porta lo stesso nome del nonno fondatore dell'azienda, non si era presentata in modo prolungato sul lavoro senza giustificazioni. E all'insegna del "qui le regole valgono per tutti" ci si trovò nella bizzarra situazione dell'esclusione dall'azienda della figlia e nipote di chi guida attualmente Amadori, vale a dire i fratelli Flavio e Denis Amadori. Che il licenziamento non fosse un divorzio consensuale e che ci fossero grane nel vertice di Amadori, era apparso però fin subito chiaro quando la stessa Francesca Amadori dichiarò che "erano state ignorate questioni gravi". La vicenda del licenziamento scoppiò poco prima del 90° compleanno del decano Francesco Amadori

Come anticipato da Fabrizio Gatti di Today, sarà ora il tribunale a dover chiarire chi ha ragione. Il caso sarà discusso, infatti, il 13 dicembre davanti alla sezione Lavoro del Tribunale di Forlì (giudice Luca Mascini). Ma al processo non parteciperanno soltanto gli avvocati della ex direttrice della comunicazione del gruppo industriale e i legali della società. Accanto alla figlia dell'attuale presidente del consiglio di amministrazione, Flavio Amadori, è infatti scesa in campo la consigliera regionale di parità Sonia Alvisi, che avrebbe ravvisato la presunta violazione dei principi di pari trattamento tra dipendenti all'interno dell'azienda.

La consigliera di parità

“La dottoressa Amadori – scrivono i legali della consigliera regionale, nel loro intervento “ad adiuvandum” davanti al Tribunale, cioè a sostegno di Francesca Amadori – ha evidenziato come, più in generale presso il gruppo Amadori, i componenti del consiglio di amministrazione siano di genere maschile e la qualifica dirigenziale sia appannaggio esclusivo del personale maschile. Il bilancio sociale pubblicato dal Gruppo Amadori contiene, sotto tale profilo, dati eloquenti”.

Secondo l'ufficio regionale, coinvolto nella vicenda dalla stessa Francesca, i rapporti biennali sulla situazione del personale presentati da Gesco, la società cooperativa di San Vittore di Cesena al centro della gestione del gruppo Amadori, “confermano statisticamente quanto dedotto dalla ricorrente e sono tali da costituire un dato difficilmente opinabile”. “Su un numero complessivo di occupati pari, al 31 dicembre 2017, a 583 addetti – aggiunge il rapporto consegnato alla sezione Lavoro del Tribunale – il personale femminile risulta pari a 208 unità... I dirigenti in forza [però] risultano 21, esclusivamente di genere maschile. Sempre al 31 dicembre 2017, i quadri in forza risultano 60 di cui 5 di genere femminile. Anche il personale impiegatizio collocato nei livelli più alti, quindi, è in larghissima prevalenza di genere maschile”. Il rapporto evidenzia poi come soltanto il “personale con qualifica di quadro di genere maschile (in numero pari a 2) è passato ad altra categoria per effetto di promozioni". Sono cioè saliti di livello, "considerato che tra i passaggi da altra categoria vi sono 2 dirigenti di genere maschile”.

La situazione non sarebbe cambiata nel biennio 2018/2019. “Il numero dei dirigenti al 31 dicembre 2019 passa da 21 a 22, con tre nuove entrate e due uscite nel corso del biennio, sempre e solo di genere maschile – evidenzia l'ufficio della consigliera di parità –. Anche il numero dei quadri aumenta, passando a 61, con l'ingresso di un quadro di genere maschile”. La disparità, secondo la segnalazione al Tribunale, si estende agli stipendi: “La retribuzione media percepita dal personale di genere maschile risulta pari mediamente a 77.511 euro; quella percepita dal personale di genere femminile risulta pari mediamente a 59.500 euro. Infine, il monte retributivo annuo lordo percepito da un dirigente collocato nel più basso scaglione retributivo oscilla tra 84.033 e 142.412 euro”.

Sempre secondo la consigliera regionale di parità, i dati analizzati “svelano dunque uno squilibrio di genere quanto all'accesso alle carriere, alle promozioni e passaggi di qualifica [e] alle retribuzioni”. Il rapporto entra quindi nel merito del trattamento riservato a Francesca Amadori: “Emerge come il trattamento retributivo medio riconosciuto alla dottoressa Amadori sia stato inferiore a quello mediamente percepito dai quadri di genere maschile e dai dirigenti. Dalla disamina emerge che le donne sono assenti dal management e dai vertici e risultano visibili solo nelle sfere più basse, relative a mansioni di carattere esecutivo e quindi subalterne. Ciò pur a fronte dell'elevato livello di istruzione del personale femminile e, nello specifico, della dottoressa Amadori... L'assenza di donne nelle posizioni elevate e di vertice (nelle stanze dei bottoni) comporta poi, per forza di cose quale diretta conseguenza, il perpetuarsi della situazione di disparità”.

La replica di Amadori

Amadori da parte sua, in una nota di giovedì sera, ribadisce "di agire ed aver sempre agito nel rispetto di leggi, codici etici e regolamenti a tutela dell’azienda e la sua comunità. Per quanto attiene l’interruzione del rapporto di lavoro con Francesca Amadori e le infondate accuse di discriminazione, la società GESCO ha già ampiamente presentato nelle sedi opportune le proprie motivazioni. La società ritiene inoltre corretto, anche per rispetto delle procedure in atto, evitare di alimentare sui media strumentalizzazioni che nulla hanno a che vedere con il cessato rapporto di lavoro, oggetto peraltro di eccessiva e singolare attenzione".

Ed ancora: "Rigettiamo nel mentre, con sdegno e fermezza, ogni illazione o suggestione strumentalmente messe in campo per screditare l’azienda, riservandoci ogni azione utile a tutela della stessa e della sua intera comunità. La nostra storia, fatta di persone serie, di rispetto e di etica del lavoro è la miglior risposta ad accuse tanto infamanti quanto false".
 

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