In Romagna aveva cercato la redenzione da droga e crimine, si suicida in carcere rapper di 23 anni
La sua storia tra crimine, disagio sociale, discriminazione razziale, musica rap e tentativi fallimentari di ritorno ad una vita normale è passata anche dalla Romagna
La sua storia tra crimine, disagio sociale, discriminazione razziale, musica rap e tentativi fallimentari di ritorno ad una vita normale è passata anche dalla Romagna, in particolare dalla comunità di recupero di Borghi "San Maurizio" e dall'agenzia riminese di nuovi talenti "Trasmetto". Jhonny Cirillo in Romagna lo scorso anno ha vissuto una parte della sua vita volta alla redenzione, tra disintossicazione dalle droghe e la stesura di alcuni brani musicali, ma poi il crimine lo ha di nuovo fagocitato. Portato in carcere per un'altra rapina, alla fine si è suicidato all'età di 23 anni. E' l'epilogo della vita di Giovanni (Jhonny) Cirillo, un giovane rapper di colore di origini somale adottato da una famiglia di Scafati (Salerno), morto suicida domenica scorsa nel carcere di Fuorni (Salerno).
Solo un anno e mezzo fa Cirillo si era aperto in un'intervista a CesenaToday, raccontando il suo disagio, senza omettere o sminuire il suo passato criminale. Passato che poi è tornato presente quando il 7 gennaio scorso ha rapinato una farmacia del suo paese con una pistola giocattolo. Poche ore dopo è stato arrestato dai carabinieri, che lo hanno preso con i circa 600 euro di bottino ancora nella sua disponibilità. Lui ha subito ammesso la sua responsabilità. Prima del colpo aveva litigato con la famiglia per l'ennesima richiesta di denaro e l'idea della rapina, non la prima nel suo curriculum penale, sarebbe maturata all'improvviso mentre faceva jogging, prendendo di mira il primo punto vendita trovato a tiro. Arrestato e messo ai domiciliari, dopo la condanna a 4 anni di carcere, il 4 luglio scorso, la giustizia ha bussato alla sua porta per portarlo nuovamente in cella, dove appunto si è suicidato.
Una morte che ha scatenato una serie di commenti di odio razziale sulla sua pagina Facebook. "Non è una grave perdita", "Se tutti facessero come lui il sovraffollamento delle carceri sarebbe risolto" alcuni dei commenti che hanno suscitato indignazione, finita al centro di numerosi articoli nazionali un paio di giorni fa. Con picchi di irrisione e demolizione totale dell'essere umano, con commenti su Facebook del tipo "Qualcuno mi sa dire la ricetta dei tagliolini al salmone?", come a dire "Non mi interessa, parliamo di cose più serie come i tagliolini al salmone".
La storia di Jhonny raccontata da lui stesso
"Sono nato in Italia - raccontava nel dicembre del 2018 Jhonny Cirillo a CesenaToday - della mia famiglia biologica so davvero poco. Mia madre di origine somala, con problemi di tossicodipendenza, mi ha abbandonato subito dopo il parto. Non l'ho praticamente mai conosciuta. Dopo 40 giorni dalla nascita sono stato adottato da una famiglia di Scafati, in provincia di Salerno". Una città che per Jhonny si rivela fin da subito problematica. "Da ragazzino venivo emarginato e preso di mira per il colore della mia pelle, inizialmente l’integrazione non è stata per niente facile e questo ha fatto covare in me una sorta di rabbia verso tutti, anche verso la mia famiglia adottiva, che voleva solo portarmi sulla strada giusta".
Quindi il rapporto con alcol e droga: "Ho iniziato a bere per divertimento, per sentirmi più sicuro, ma sono stato letteralmente travolto dall’alcol. In breve tempo è diventato il mio rifugio segreto quando mi sentivo giù di morale. Ho cominciato con la cocaina per colpa di un amico, ma anche per la mia fragilità. Non sono riuscito a dire di no". Il giovane ha vissuto lunghi periodi di semi-incoscienza a causa dell'abuso di alcol e cocaina, fino all'episodio più grave quando per una prima volta ha pensato al suicidio: "Ero stato ricoverato in una clinica perché avevo dato in escandescenza in preda ai fumi dell'alcol. Sono riuscito a scappare e avevo deciso di farla finita ma non ho avuto il coraggio di buttarmi sotto un treno". "Poi ho deciso che mi sarei sparato - racconta il giovane rapper - ma avevo bisogno di una pistola. Per questo munito di un coltello ho fatto una rapina in una gioielleria. Dopo aver fatto razzia di tutto quello che avevo trovato sono fuggito in preda alle allucinazioni, ero fatto di cocaina. Con i Carabinieri alle calcagne mi sono arrampicato su un balcone e sono caduto. E' stata una caduta tremenda, sono stato due giorni in coma".
E' sicuramente questo il momento in cui Jhonny aveva toccato il fondo. Ed è in questo momento che nella sua vita era entrata la Romagna. Ad accoglierlo era stata la comunità San Maurizio di Borghi. Raccontava il rapper: "L’impatto iniziale è stato tragico, all’inizio ti tolgono tutto, sia beni materiali che affettivi, sei da solo con gli altri ragazzi e gli operatori, non hai un telefono, non hai internet, non hai nulla che ti possa collegare con l'esterno, i primi sei mesi è come ricominciare la tua vita da zero, solo dopo un anno ho capito che serve per riavvicinarti alla vita reale". "La Romagna è la terra che mi ha accolto e che mi piace molto, - spiegava Jhonny -. Ho provato a cercare lavoro ed è estremamente difficile, molti ti guardano con sospetto per via della pelle nera ma in realtà io sono italiano". A Borghi il rapper è arrivato al reinserimento sociale e così valutava la sua permanenza nella comunità: "Oggi sono un ragazzo migliore".
In Romagna anche l'agenzia riminese Trasmetto.it che aveva deciso di scommettere su di lui lanciando il suo primo brano "Serpe" girato a Rimini. Spiegava Cirillo: "Peroz (32enne rapper riminese ndr) è stato il primo a credere in me, mentre il rapper a cui mi ispiro è Izi". Artista genovese che come lui ha vissuto un'adolescenza a dir poco travagliata. "A differenza degli altri rapper che parlano di cose viste nei film, io voglio raccontare la vita reale, sia nel bene che nel male, ma soprattutto quello che ho vissuto e ho provato sulla mia pelle".