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Cronaca

Fusione Camere di commercio, è scontro: Ravenna accusa Forlì-Cesena

In relazione alla nota inviata dalla Camera di commercio di Forlì-Cesena nei giorni scorsi sul tema degli accorpamenti, l'ente ravennate non ci sta

In relazione alla nota inviata dalla Camera di commercio di Forlì-Cesena nei giorni scorsi sul tema degli accorpamenti,  l'ente ravennate non ci sta e si dice "sorpreso dal tono utilizzato, che non appartiene alla consuetudine del mondo camerale".

La nota  si riferiva ad un articolo comparso sulla stampa che prendeva avvio con un intervento del presidente di Unioncamere Lo Bello nel quale si evidenziavano in modo significativo il ruolo e le competenze degli enti camerali, enti pubblici dotati di autonomia funzionale che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali. "Questo concetto è da sempre alla base delle politiche della Camera di commercio di Ravenna - si legge nella nota di risposta- , che anche per il 2016 ha puntato sugli investimenti per lo sviluppo dell'economia del territorio destinando a beneficio del territorio provinciale e delle imprese 2.635.000 euro. Un impegno  molto rilevante soprattutto in considerazione dei tagli che hanno investito il sistema camerale, confermato anche per il 2016 grazie a scelte gestionali effettuate negli anni passati che hanno reso disponibili risorse aggiuntive e che conferma la buona capacità di spesa e di programmazione dell'ente camerale ravennate".

"Per un contributo di chiarezza e trasparenza al dibattito sul tema degli accorpamenti camerali locali", la Camera di Commercio di Ravenna vuole ribadire gli aspetti che hanno determinato l'attuale situazione e che porteranno il Consiglio ravennate ad esprimersi entro il prossimo mese di gennaio. 

"Fin dalla prima discussione gli organi camerali ravennati, Giunta e Consiglio, hanno espresso in maniera unitaria la volontà di valutare nel merito un progetto di ampio respiro relativo ad una fusione a quattro tra le tre Camere romagnole e quella di Ferrara per costituire un'area vasta allargata. Ipotesi che più di ogni altra nel mondo globalizzato con il quale ci confrontiamo avrebbe colto gli aspetti più significativi e innovativi della riforma del sistema camerale e avrebbe portato indubbi vantaggi al territorio per le maggiori economie di scala derivanti da risparmi più significativi sul fronte delle strutture e delle spese di funzionamento. Non è stato possibile aprire su questo tema alcun tipo di confronto per il rifiuto, peraltro nemmeno motivato nel merito, delle due Camere di Forlì e di Rimini, al quale hanno fatto seguito voci su presunte mire ravennati destituite di ogni fondamento. Successivamente, sull'ipotesi di una fusione romagnola a tre, che la Camera di Ravenna non ha mai rifiutato pregiudizialmente, si erano poste alcune condizioni espresse in un documento d'intenti la cui versione iniziale proposta dall'ente ravennate, su mandato delle  consorelle romagnole nel febbraio 2015, prevedeva al primo punto la necessità di una valutazione economico-patrimoniale effettuata da un soggetto terzo, propedeutica a qualsiasi progetto di fattibilità, principio basilare di una corretta gestione manageriale, la cui necessità è stata ribadita anche dal collegio dei revisori dell'ente ravennate. Tale documento è stato modificato nella sostanza dalle Camere di Forlì e Rimini prevedendo la possibilità di una valutazione degli assets patrimoniali non propedeutica, ma solo eventuale e successiva al progetto di fattibilità, pur sapendo che tale posizione avrebbe seriamente compromesso il coinvolgimento dell'ente ravennate nel  progetto comune".

"Contestualmente - prosegue la nota della Camera di commercio di Ravenna -, in più occasioni e in sedi ufficiali, i presidenti di Forlì e Rimini confermavano da una parte di aver intrapreso tra loro un dialogo sul tema dell'accorpamento fin dal novembre 2014 e dall'altra la non disponibilità ad un esame preventivo dei bilanci camerali da parte di un advisor esterno. Anche a seguito dell'esternazione di queste posizioni le Giunte delle Camere di commercio di Ravenna e Ferrara hanno dato mandato ai rispettivi presidenti di approfondire le condizioni di una eventuale fusione.
Il dibattito e il confronto sugli accorpamenti quindi non è di fatto mai partito tra le tre Camere romagnole, prima per il rifiuto al dialogo sull'ipotesi di fusione a quattro, poi per il successivo rifiuto delle condizioni proposte da Ravenna che peraltro non sono altro che l'applicazione di prudenziali e corretti principi contabili e amministrativi di cui si sta tenendo conto anche in relazione all'approfondimento che si sta portando avanti con Ferrara".

"Risulta pertanto incomprensibile la posizione espressa pubblicamente dal presidente forlivese Zambianchi a nome delle due Camere di Forlì e Rimini di cui non rimane che prendere atto nel percorso decisionale che l'ente ravennate si appresta a concludere. Resta comunque confermato lo stile proprio della Camera di commercio di Ravenna da sempre rivolto alla più proficua collaborazione tra enti e territori, limitrofi o comunque con cui si attivano relazioni di reciproco scambio, nell'interesse del sistema imprenditoriale che le Camere rappresentano, e che sarà perseguito al di là di quelle che saranno le future decisioni di accorpamento", conclude la nota.
 

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