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Cronaca

Covid, Angelini (Ausl): "Gli ospedali reggono, ma ora rigore nei comportamenti individuali"

"Il richiamo alla responsabilità deve diventare più forte, prestando una maggiore attenzione rispetto alla fase precedente"

“Il passaggio da fascia 'arancione' a quella 'gialla' non è un liberi tutti o un'assenza di rischio, ma un messaggio che ci dice che le rigide misure che abbiamo seguito ci hanno consentito faticosamente di scendere di un gradino. Il richiamo alla responsabilità deve diventare più forte, prestando una maggiore attenzione rispetto alla fase precedente”. E' l'invito che arriva da Raffaella Angelini, direttore dell'Igiene Pubblica di Ausl Romagna, intervenuta sabato pomeriggio nel consueto appuntamento social di pubblica utilità con il parlamentare Marco Di Maio e il professor Claudio Vicini, direttore di Dipartimento dell'Ausl Romagna e otorino di fama internazionale.

La responsabilità individuale

“Ognuno di noi è artefice del suo destino”, ha sottolineato il professor Vicini, rimarcando come “il richiamo alla responsabilità individuale, rispetto e prossimo è d'obbligo in questo momento”. E proprio in vista delle festività natalizie, “il buon senso deve regnare al di la delle norme”. Concetto ribadito da Angelini: “Dobbiamo fidarci delle tre regole basilari (distanziamento di almeno un metro, indossare la mascherina ed igienizzarsi le mani, ndr), ne sottovalutiamo l'importanza perchè sono banali”.

Contatti minimi

Dal direttore dell'Igiene Pubblica un ulteriore consiglio: “Dobbiamo consentire a poche persone di entrare nella “bolla” personale. Non è un invito alla solitudine, ma ad avere rapporti sociali differenti”. L'uso della mascherina è invece “un sacrificio minimale, che ci è richiesto, usandola correttamente in tutte le condizioni. Siamo in una situazione in cui le persone si sono un po' assuefatte delle regole, ma non possiamo permetterci distrazioni. Difendendo se stessi si difende la comunità”.

Il confronto con la prima ondata

Spesso si mettono a confronto i numeri dei contagiati della prima e della seconda ondata dell'epidemia, ma Angelini ha puntualizzato che è possibile confrontare le due fasi “misurando la differenza che c'è nei tassi di ospedalizzazione e nel ricorso alle terapie intensive. Usando questo parametro l'incidenza è più bassa. Nella prima ondata abbiamo visto la punta dell'iceberg. Nella seconda oltre la metà dei nuovi casi sono persone asintomatiche, che cerchiamo attraverso il tracciamento dei contatti che non avremmo visto nella prima ondata, quando i tamponi erano riservati a chi aveva sintomi”.

I tamponi

Quanto appunto alla “macchina” dei tamponi, ha chiarito Angelini, “sta procedendo, nonostante le difficoltà derivanti dall'elevato numero dei casi. Abbiamo avuto un intoppo a metà novembre in coincidenza del picco più alto che abbiamo osservato negli ultimi due mesi, perchè il numero di tamponi superava la capacità di laboratorio di gestirli. Quelli molecolari richiedono analisi complesse, che necessitano di reagenti specifici che poche ditte vendono. E a metà novembre abbiamo avuto un intoppo, con un allungamento dei tempi di risposta”.

Test rapidi

Da qui il cambio di strategia, con l'uso di test antigenici “che danno lo stesso tipo di risposta, ma che in caso di positività richiedono la conferma con un test molecolare”. Questa tipologia di tamponi “consente ai reparti ospedalieri e al pronto soccorso di avere risposte in 15 minuti”. Angelini ha inoltre evidenziato che “l'indicatore tamponi-positivi su tamponi effettuati è stato il più basso della media regionale, che a sua volta è più basso della media nazionale”.

La situazione negli ospedali

C'è pressione sugli ospedali ma, ha evidenziato il direttore dell'Igiene Pubblica, “stanno funzionando grazie al lavoro e alla dedizione di chi ci lavora, fattore chiave del successo. Non siamo in una situazione critica, ma ci sta impegnando massicciamente, tentando di mantenere con fatica anche le attività non covid. E a differenza della prima ondata non possiamo permetterci di sospendere la gran parte delle attività sanitarie che non sono covid”.

Le fasce d'età

Tornando a un'analisi della seconda ondata dell'epidemia, Angelini ha spiegato che “la fascia d'età più rappresentata è quella tra i 40 ed i 60 anni, che rappresenta la porzione di popolazione più numerosa. L'incidenza più bassa è tra i bimbi, mentre è in calo nei ragazzi tra i 14 ed i 19 anni. Può essere attribuibile al fatto che gli studenti sono alle prese con la didattica a distanza, ma anche al fatto che, al di fa degli screening che si fanno scuola, non hanno necessità di sottoporsi a tamponi. La fase più pericolosa è quella che riguarda gli over 85, dove si concentra il maggior numero di decessi”.

Le differenze in Romagna

Quanto ai dati disomogenei in Romagna, “i numeri bisogna parametrarli con la popolazione. Il comprensorio di Forlì ha un numero di abitanti inferiore a quello di Ravenna. Nel numero molto alto di Ravenna incidono i focolai in case di riposo, che non erano state toccate nella prima ondata. I territori in cui le case di riposo sono state colpite nella prima ondata tendono ad avere in queste comunità una diffusione di anticorpi maggiore che in territori dove non ci sono stati i casi. E questo potrebbe spiegare il maggior numero di situazioni nel ravennate. Altre ipotesi si potranno fare. Le differenze nella prima ondata legate al momento in cui è circolato il virus. Rimini interessa forse molto prima dell'esistenza del virus e quando scoperto ha progredito in modo diverso”.

Il messaggio ai negazionisti

Infine un messaggio a chi nega la pericolosità del virus: “Fare un giro nelle terapia intensive o sub-intensivi,sarebbe meglio di ogni parola”. Concetto ribadito anche dal professor Vicini: “Li inviterei a parlare con i familiari, collettivamente coinvolti nel dramma”.

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