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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Davide sfida Golia e vince: Facebook condannato al risarcimento per aver cancellato il profilo di un cittadino

Dall’altra parte del mondo qualcuno spinge un bottone e improvvisamente si perdono foto, documenti, contatti, amici. Si perde quella che chiamiamo vita virtuale, ma per certi versi molto reale, creata da Facebook

Dall’altra parte del mondo qualcuno spinge un bottone e improvvisamente si perdono foto, documenti, contatti, amici. Si perde quella che chiamiamo vita virtuale, ma per certi versi molto reale, creata da Facebook. E’ quello che è accaduto a Vincenzo de Gaetano, avvocato di Bologna appassionato di collezionismo e di militaria, che nel gennaio del 2020 si è visto cancellare il suo account su Facebook – collegato a tre pagine private ma con moltissimi contatti in tutto il mondo - e, da persona che non molla mai, è voluto andare fino in fondo e fare causa al gigante di Mark Zuckerberg. Una scelta impavida che può far venire in mente l’impresa di Davide contro Golia ma che, alla fine, ha premiato la perseveranza di de Gaetano e soprattutto la professionalità dello staff legale di avvocati che ha impostato e discusso la causa, composto da Claudia Pedicini (cesenate), Valeria Damiani e Giulia Panizza.

La condanna di Facebook

Il Tribunale civile di Bologna, infatti ha dato ragione con un'ordinanza al ricorrente, vale a dire de Gaetano, condannando Facebook a pagare 14mila euro di risarcimento per il danno subito dall’utente e - sorpresa maggiore - altre 12mila euro come punizione per una sorta di "lite temeraria" ("La difesa svolta - di Facebook, ndr - non soltanto è stata del tutto priva di fondamento, con manifesta funzione dilatoria, ma è anche venuta meno a elementari regole di correttezza processuale", scrive il giudice). In sostanza il giudice, nell’atto compiuto da fb di cancellare definitivamente non solo l'account di accesso del ricorrente ma anche tutti i suoi dati in possesso del social – come si legge nella sentenza - ha ravvisato un ostacolo alla possibilità di ricostruire quanto avvenuto.

“Erano i primi giorni di gennaio 2020 quando una mattina ho aperto Facebook e non mi sono più trovato. Ero sparito dai profili – spiega l’avvocato de Gaetano – Un po’ stranito ho mandato un’email per chiedere spiegazioni e mi hanno risposto che il mio account era stato definitivamente cancellato. Senza dire nient’altro.  E io, in risposta, gli ho scritto che ci saremmo visti in tribunale. E così è stato”.

De Gaetano, era iscritto a Fb da più di dieci anni, sia con una sua pagina personale che con due pagine, sempre private, ma con un nome diverso. Una chiamata “Collezionismo, militaria e legge”, l’altra “Libri e riviste storia militare”. Essendo un appassionato di divise, oggettistica ed armi antiche, aveva contatti in tutto il mondo. “Avevo caricato sentenze e documenti importanti raccolti negli ultimi dieci anni – spiega ancora De Gaetano – C’erano contatti, messaggistica fondamentale, foto, ricordi. In un momento ho perso tutto”.

Violate le condizioni poste da Facebook stesso

La vertenza non è stata facile: indirizzata a Facebook Ireland e tradotta in inglese, ha visto la sua prima udienza il 15 ottobre del 2020. Facebook ha dedotto che la causa doveva essere radicata in un tribunale dell'Irlanda e non a Bologna, ma il giudice ha fatto valere la legislazione a difesa del consumatore e ha proceduto al vaglio della vicenda. Nel merito, nell'udienza – come si legge dal provvedimento - gli avvocati di fb hanno ribadito “l’indeterminatezza della domanda arrivata dal ricorrente”, riferendosi alla mancanza degli Url delle pagine (l’identità di ogni pagina o profilo), ma, nel contempo, gli stessi hanno indicato l'esistenza di un precedente  account collegabile all’indirizzo email di Vincenzo de Gaetano ma che – in virtù del lungo tempo trascorso – era stato definitivamente cancellato e i dati a esso associati non sarebbero potuti più essere ripristinati. Gli avvocati di Fb hanno addotto anche la giustificazione del ritardo con cui si sarebbe mosso il ricorrente. Ma a questo riguardo il giudice parla di giustificazione “palesemente insincera” visto che il gestore già nella e-mail del 3 gennaio 2020, dunque il giorno dopo il suo recesso unilaterale, scriveva all’utente che l’account era stato disattivato in modo permanente a causa della violazione degli 'Standard della Community di Facebook' e che, purtroppo, non sarebbero stati in grado di riattivarlo in ogni caso, dando così implicitamente atto di avere già distrutto tutti i dati.

Il giudice ha rilevato che nelle stesse condizioni contrattuali poste da Facebook all'atto dell'iscrizione "la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione". E sulla distruzione di tutti i dati contrattuali che il giudice, nel comportamento del Social Network, ha letto “un’evidente condotta contrattuale profondamente scorretta”, non consentendo di ricostruire il rapporto.  Tra l’altro si tratta di documentazione immateriale che si conserva agevolmente senza costi eccessivi. E in più Facebook al momento sta conservando dati relativi a 2,7 miliardi di utenti, una quantità comunque enorme.

Le prove che hanno convinto il giudice del danno che il ricorrente avrebbe subito sono state le nuove pagine aperte dallo stesso de Gaetano con le quali è riuscito a ricostruire una parte dei contatti e a farsi riconfermare da amici, appassionati tutti di oggettistica militare antica. A riprova della vivacità del profilo personale e delle pagine del ricorrente, - si legge nel provvedimento - questi ha prodotto numerosissimi messaggi di utenti Facebook che hanno confermato la loro frequentazione del profilo e delle pagine prima della loro rimozione. Prova finale che ha tolto ogni dubbio al giudice e a emettere una sentenza avversa nei confronti del colosso di Zuckerberg.

"Profilo Fb è una proiezione della propria identità"

Ovviamente ci sarà la possibilità per Facebook per fare ricorso contro la decisione del giudice civile di Bologna. In generale sulla cancellazione di pagine e account da parte del social nework più famoso al mondo l'orientamento della giurisprudenza italiana è ondivago e relativo soprattutto a pagine di gruppi politici estremi come Casa Pound e Forza Nuova. In generale è prevalso il diritto alla cancellazione in quanto sono stati vagliati nella sostanza i contenuti pubblicati dai movimenti politici di estrema destra, ritenuti di incitamento all'odio e di apologia di vicende tragiche della storia e quindi in violazione di quanto avvisa Facebook nelle regole da rispettare per appartenere alla sua community.

Diversa è però invece la cancellazione degli account di privati cittadini, dove vi sono meno vertenze in quanto in pochi sono disposti a sobbarcarsi di un iter giudiziario solo per la cancellazione di un account. Nella vicenda di de Gaetano il giudice esclude che la motivazione della cancellazione sia collegabile ad un'attività politica estrema da parte dell'utente (anche perché appunto tutti i dati sono stati cancellati prima del vaglio del tribunale). Un caso del 2018 valutato dal tribunale di Pordenone riguardava la cancellazione di un accaount per una violazione del diritto d'autore, ammessa dall'utente cancellato e di cui si era scusato. Ma anche questo caso non è assimilabile a quello di de Gaetano. Nell'ordinanza del 10 marzo scorso il giudice di Bologna definisce "Facebook non è solo una occasione ludica, di intrattenimento, ma anche un luogo, seppure virtuale, di proiezione della propria identità, di intessitura di rapporti personali, di espressione e comunicazione del proprio pensiero", come ad identificare un account come una componente della propria identità relazionale, componente che non può essere cancellata definitivamente senza un debito avviso e senza la possibilità dell'utente di contro-argomentare le sue ragioni.

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