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Scandalo BRC in tv: "Siamo stati traditi". L'avvocato Ruffolo: "Difficile recuperare i soldi"

Rabbia, senso di frustrazione e di tradimento: sono le sensazioni che si sono toccate con mano durante la puntata di "Mi manda Rai Tre" di giovedì mattina dedicata allo scandalo della Banca Romagna Cooperativa

Rabbia, senso di frustrazione e di tradimento: sono le sensazioni che si sono toccate con mano durante la puntata di “Mi manda Rai Tre” di giovedì mattina dedicata allo scandalo della Banca Romagna Cooperativa. Sulla terza rete RAI è sbarcato in tv, in diretta, il caso della banca cesenate su cui nello scorso novembre è calato completamente il sipario dopo un lungo commissariamento e poi l’assorbimento in Banca Sviluppo. Un caso passato in sordina rispetto alle quattro banche “salvate” dal recente decreto del Governo, ma che ha lasciato sul campo ben 16 milioni di euro di capitale “bruciato” per circa ottomila soci-azionisti, tutto denaro che è sfumato in gran parte dalla città, delle campagne e dai piccoli Comuni del cesenate.

Nella trasmissione condotta da Elsa Di Gati è venuta fuori l’anima verace della Romagna: cliente modesti, con una bassa propensione al rischio, che incontravano gli addetti dell’istituto di credito al bar a giocare a “maraffone” (e qui la conduttrice ha chiesto incuriosita di cosa si trattasse…) con un rapporto solido e senza intermediazioni con una banca. “La nostra banca”, l’hanno definita gli azionisti in trasmissione. Si è revocata la storia, con un servizio girato a Cesena, di un istituto di credito nato sotto il campanile, quello della chiesa di Martorano: la storia della Cassa Rurale e Artigiana “nata dietro la sacrestia nel 1912”. Davanti alla foto dei soci fondatori del piccolo istituto di credito, è amaro il commento degli attuali azionisti: “Queste persone oggi si sentirebbero tradite”. Da quanto emerge dalla trasmissione è evidente che i soldi in quote azionarie non erano messi lì per speculare. Recriminazioni anche sugli ultimi tempi: “Negli ultimi anni ci rassicuravano nonostante il commissariamento e  gli impiegati ci dicevano ‘Ho fatto comprare le azioni a mia madre’. Ci hanno garantito che andava tutto bene”.

Giorgio Cadadei, responsabile Adoc  spiega come si è generata la crisi: “La banca è fallita con gli investimenti fatti in edilizia, che hanno portato in un buco nero la banca, dopo il crollo del mercato edile. Poi, ci sono stati tentativi di mettere a posto le cose, ma non hanno saputo bilanciare il disavanzo, non sono stati bravi amministratori”. Ugo Ruffolo, avvocato “icona” della tutela del consumo intravvede una strada, ma abbastanza impervia: fare un’azione di responsabilità diretta nei confronti degli amministratori. Dice Ruffolo: “Riavere le azioni  di una banca in dissesto è molto difficile, in quanto si viene per ultimi come azionisti. L’unica cosa è agire sugli amministratori, che però avranno un patrimonio limitato, eventualmente sulla stessa Banca d’Italia se non ha sorvegliato bene, e qui la disponibilità è più alta, ma quest’ultima è più difficile come strada”.

A prendere il ruolo di dare una replica è stato Marco Palmieri, avvocato difensore di alcuni sindaci revisori e inviato dalla Federazione delle Banche Cooperative dell’Emilia-Romagna. Palmieri ha commentato diretto: “Loro stessi, gli amministratori ci credevano, non c’era inganno. La banca è andata in crisi perché i crediti erogati sul territorio non sono tornati indietro”. A differenza delle altre 4 banche questa crisi è stata gestita tutta all’interno del sistema cooperativo: “E ricordiamoci che il mondo cooperativo, a differenza delle altre banche di cui si parla, si è aftto carico dei cosiddetti “subordinati”, coprendoli per 25 milioni. Le BCC hanno reagito in modo diverso”.

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