Azzardo, Renato Serra e il vizietto di giocarsi tutto a carte
"Mi è capitato immancabilmente tutte le volte che sono tornato a Cesena di ricadere nel gioco: ne ho riportato uno strascico di debiti, da cui non mi libererò così presto". A parlare non è un giocatore patologico che si è "mangiato" stipendi nel bar sotto casa, ma Renato Serra
“Mi è capitato immancabilmente tutte le volte che sono tornato a Cesena di ricadere nel gioco: ne ho riportato uno strascico di debiti, da cui non mi libererò così presto”. A parlare non è un giocatore patologico che si è “mangiato” stipendi nel bar sotto casa, ma Renato Serra. Bambino prodigio, direttore della Biblioteca Malatestiana a cui è stata dedicata una scuola, l'Itc Serra per l'appunto. E proprio su quei banchi è maturato Matteo Baiardi che si è presentato all'esame di maturità con una tesina sul gioco d'azzardo. Titolo: “Una scommessa per uscire dalla crisi?”.
Nella ricerca, Matteo ricostruisce il panorama del gioco in Italia e rispolvera alcune curisità che sono agli atti, ma che non tutti sanno. Tra queste ci sono le lettere che Serra, a Bologna per studi, spediva alla madre. “Sono costellate – scrive il ragazzo - di richieste di denaro, giustificate in modo patetico”. Eccone un estratto: “... ho scritto da tre giorni chiedendo le 12,50 della sopratassa. Se non ci credete che si debba pagare andate a sentire al registro: ma mandatemeli, che io quello che ho avuto, ho impiegato per comprare qualche libro necessario per il tema, e se non ho denari domani non potrò dar esami: a meno che non li trovi a prestito, ma finora non m’è riuscito.” E – aggiunge Baiardi- nessuno dei suoi amici aveva più voglia di prestare denaro a Serra ben sapendo in quale pozzo senza fondo sarebbero andati a finire”.
“Nelle lettere – aggiunge il neodiplomato - in cui chiede soldi alla madre per poter giocare, si comporta come i giocatori dipendenti di oggi, che chiedono soldi inventando montagne scuse”. Matteo ha ricostruito anche il momento in cui Serra è caduto nell'azzardo. “A Bologna, nei primi tempi si sentì solo e abbandonato come mostra la corrispondenza con la madre. Aveva soli quindici anni e forse perché spinto dal bisogno di incontrare persone, Serra comincia a frequentare i caffè e a giocare a carte. Si lascia prendere da quella passione devastante che lo accompagnerà tutta la vita e che lo porterà a saltare le lezioni all'Università, ma riuscirà a laurearsi con lode”.
Come mai un ragazzo così giovane si interessa a questo tema? “Mi interessava analizzare questo mercato per capire come mai in questo periodo di crisi le persone spendono così tanti soldi nel gioco. E’ un mercato con un grosso volume di affari ma puntando su questo bisogna stare attenti ai costi sociali che comporta, è un affare delicato. E’ stato fonte di grande fascino per me e volevo evitare di prendere in considerazione argomenti già studiati in maniera approfondita nel corso dell’anno”. Promosso.
Alla stesura dell'articolo ha collaborato la dott.ssa Chiara Pracucci.