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Redazione

Sfigato a chi?

Se c’è una cosa che il Governo Monti sa fare bene al pari del suo predecessore, è alimentare la polemica fine a se stessa. A soli tre mesi dal suo insediamento, frasi come “posto fisso vicino a mamma e papà”, “laurearsi a 28 anni è da sfigati” e “monotonia del posto fisso” hanno giustamente destato non pochi malumori, ma, mi chiedo, sono peregrine?

Senza dubbio, l’attuale Esecutivo è composto da una casta di intoccabili che tradisce un modus operandi sottilmente classista. Concordo quindi in parte con Aldo Giannuli, secondo il quale «le frasi sul posto di lavoro e sugli sfigati non sono "frasi infelici", ma l'espressione di un feroce classismo e di una istintiva avversione a qualsiasi forma di eguaglianza» (https://www.cadoinpiedi.it/2012/02/10/ma_quante_frasi_infelici.html). È un’affermazione senza dubbio acuta, ma, a mio parere, anche anacronistica ed esagerata.
Insomma, le frasi incriminate riflettono più provocazioni che intenti sovversivi. E poi, scusate, non sono forse vere? Non è vero che, in Italia, il giovane medio fatica ad allontanarsi da casa? Non è forse vero che, chi si laurea tardi, è giudicato negativamente, quantomeno in sede di colloquio di lavoro?

Certo, siamo tutti d’accordo nell’affermare che un giovane si iscrive all’università per il piacere di conoscere prima che per un tornaconto economico, così come è innegabile l’importanza di aspirare al posto fisso anziché sbattersi tra un co.co.co e lavoro a tempo determinato. Ma il punto è un altro! Il punto è che cadiamo sempre nella solita trappola culturale, dove un granitico, rassicurante conservatorismo ci spinge a sprecare preziose energie attaccando chi propone l’alternativa, ad indugiare alla polemica e a squalificare l’avversario, in ogni campo. Perché? Perché stiamo troppo bene!

In un paese incline allo scandalo, alle bagarre e allo snaturamento delle cose (dalla violazione delle leggi, alle frodi fiscali, al Festival sanremese della farsa, al campionato di calcio truccato), mi sembra evidente che sussista un conflitto tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Manchiamo semplicemente di coerenza.

A tal proposito, lancio io una sfida: quanti hanno condannato l’intervento del Viceministro Michel Martone, all’indomani della sua infelice battuta (subito ridimensionata) e quanti, fra questi, hanno fatto la fatica di ascoltarlo dall’inizio alla fine? Per dovere di cronaca, pertanto, mi sono preso la briga di cercarlo nel Web e divulgarlo a beneficio del lettore.
 

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