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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il cittadino

Lo stupro della legalità

vignetta legalità vauro-2Mark Twain diceva: “Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso … e pubblica il falso”. Ogni volta che mi metto a fare ricerche per scrivere, tengo bene a mente questo aforisma, sia per dribblare le trappole e le incongruenze disseminate qua e là dai mass media, sia per sforzarmi di raccontare lo stato delle cose in modo imparziale. In un Paese senza verità né memoria come il nostro, dove molteplici particolarismi ed ataviche divisioni premono affinché vengano raccontati i fatti in modo parziale o superficiale, è impresa ancor più ardua. Il risultato di tutto ciò è che il vero assume le sembianze di un deleterio verosimile. Non c’è nulla che disorienti di più l’opinione pubblica, e che inibisca la sua azione di controllo sulle istituzioni, dell’informazione manipolatoria. Una sciagura per quel capitale morale di cui ogni nazione dovrebbe fare tesoro, vale a dire la fiducia. 

C’è un fenomeno affatto pernicioso su cui non smetterò mai di dibattere, tanto caro anche agli esponenti del PDL: la contrapposizione tra potere giudiziario e legittimità del voto popolare, a beneficio di Silvio Berlusconi. Siccome in queste settimane sta tirando una brutta aria nei tribunali in cui si stanno celebrando i processi a carico del Cavaliere, i sostenitori più facinorosi non perdono occasione per ribadire che milioni di elettori l’hanno più volte scelto quale capo del governo. Ergo, l’investitura popolare si pone al di sopra della Legge. Non viene esplicitato, perché è riprovevole, ma questo è il messaggio, scientemente manipolatorio, che resta nella testa della gente. Consapevole di aver perso appeal, oltre a sei milioni di voti nelle ultime elezioni, oggi a Berlusconi non rimane che usare l’unica arma efficace a disposizione: il consenso; facendosi aiutare incessantemente da fedeli subalterni in quel mestiere che gli ha assicurato fortuna politica e mediatica: comunicare. Quello a cui stiamo assistendo, in altre parole, è una strategia mediatica preventiva, una tecnica comunicativa atta a preparare una parte dell’opinione pubblica alla guerra politico-mediatica che scoppierà entro la fine dell’anno, e comunque non appena le sue vicende giudiziarie saranno trasferite, sottoforma di ricatto, nell’agenda del governo Letta.

Ma la democrazia non è il governo degli uomini, è il governo delle leggi, scriveva Norberto Bobbio; pertanto la personalizzazione del potere, in ogni forma e modo, è in se stessa antiliberale ed antidemocratica. Violare le leggi è reato, ma tentare di svuotarle, di screditarle agli occhi dell'opinione pubblica, delegittimando di conseguenza le istituzioni, in primis la magistratura, è peggio. Stiamo insomma assistendo ad uno stupro della legalità, ma in versione soft, quasi impercettibile. Una sorta di furto morale ai danni della collettività e della res publica. Come ha ammonito efficacemente Enrico Peyretti, “rubare la fiducia pubblica è peggio del rubare denaro pubblico”.

Siamo quindi tutti sotto un silente, inconfessabile ricatto, in particolare l’attuale governo, checché ne dica il presidente del Consiglio. Affermarne l’esistenza sarebbe un obbligo morale e politico, invece è un tabù. Chi si prenderà la responsabilità di mettere in guardia il popolo della pericolosità per la tenuta della democrazia italiana? Chi avrà il coraggio di uscire allo scoperto e denunciare questa logica di governo attendista e connivente, secondo la quale la ricerca di quattro miliardi di gettito in più di IVA ha la precedenza sulle riforme sostanziali che attendiamo da oltre vent’anni? Legare le sorti di un governo, e di conseguenza di un Paese, alle sentenze del processo di un singolo cittadino, foss’anche il più popolare, è quanto di più immorale ed ingiusto potesse accaderci.

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