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Giovedì, 18 Aprile 2024

CesenaToday

Redazione

A lezione di democrazia

presidenti-usa-2All’indomani della rielezione del primo leader politico nero d’Occidente, approfitto del blog per diramare le stessa domanda che mi feci quattro anni fa: quando trarremo una lezione da questa svolta culturale, prima ancora che politica? Ciò che noi italiani dovremmo religiosamente apprendere, infatti, è che una nazione multietnica conferma con entusiasmo il primo candidato di colore della propria tormentata storia, sbaragliando secolari rigurgiti razzisti, semplicemente perché si sta liberando da pregiudizi ed ideologismi.

Potremo un giorno ritrovare lo stesso slancio rinnovatore della cosa pubblica, incatenati come siamo ad un granitico, rassicurante conservatorismo di matrice catto-moralista? Sarà per questo che, in 16 legislature, non abbiamo mai superato il 15% di teste pensanti femminili in Parlamento o che litighiamo sulle “quote rosa” perché altro mezzo di emancipazione femminile sembra non esistere? Sarà per questo che i cittadini percepiscono le istituzioni democratiche lontane anni luce ed hanno lasciato che partiti, mezzi d’informazione e grandi multinazionali erodessero il potere di controllo popolare sulla classe dirigente (basti pensare all’ipoteca sul meccanismo della scala mobile o alla cartolarizzazione della Rete autostradale a favore della famiglia Benetton che, secondo i piani, doveva diventare pubblica e gratuita)?

Come possiamo competere sulla scena internazionale in termini culturali e civili (e smettiamola di prendere come metro di paragone solo il PIL o il debito pubblico!), con il fardello delle tre “i”: illegalità, indisciplina ed ignoranza? Altro che “Internet, Inglese e Impresa”! Insomma, cambiare è possibile solo se si vuole; e non serve mica che il precedente governo abbia lasciato i conti in rosso o che si sia avventurato in sciagurate missioni militari all’estero. Lungi da ciò. Si cambia perché si ha voglia di migliorarsi, di riscattarsi da una fase cupa, di ritrovare la speranza. Dove sono i leader, i grandi statisti in Italia? Sono forse i capi partito, figuranti più che protagonisti della storia nazionale? Alcide De Gasperi diceva: “Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione”. Basta guardarsi intorno per capire lo spessore culturale di chi ci rappresenta.

Così, mentre gli attori del teatrino della politica italiana non riescono nemmeno ad accordarsi su una legge elettorale decente, Barack Obama investe massicciamente sulla comunicazione via Rete per raggiungere gli interessi degli elettori più recalcitranti e sceglie il trentunenne Jonathan Favreau come Chief-speechwriter ovvero come capo redattore dei propri discorsi. Inoltre alcuni stati americani approvano, mediante voto di referendum elettronico, i matrimoni tra omosessuali e l’utilizzo della cannabis, a scopo ricreativo o terapeutico. In altre parole, democrazia 2.0, laicità e rinnovamento. Proprio come noi… Ho saputo infatti che Pro Loco e parrocchie stanno organizzando viaggi d’istruzione diretti a Washington D.C. Argomento delle lezioni: progresso e pensiero critico. Partenze tutti i giorni alle 08.00 da Montecitorio e Palazzo Madama.
 

A lezione di democrazia

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