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Redazione

Spariamo all'autovelox

La notizia è semplice: hanno sparato all'autovelox collocato in località Durazzanino a Forlì e il fatto, per non fermarsi alla banalità, spinge a fare qualche riflessione.
La prima è che nell'era della tecnologia incalzante le macchine acquistano una valenza quasi umana e, come succede per i bambini, anche gli adulti le vivono come soggetti animati, ricchi di una volontà, capaci di sentimenti, amiche e conniventi oppure nemiche e controllanti. Così anche le macchine tecnologiche, quando ci si dimostrano ostili, possono essere ripagate con la stessa moneta: "occhio per occhio, dente per dente, fucilata per multa!". Alzi la mano chi non ha imprecato e resettato, almeno una volta, il proprio computer per punirlo del tempo che ci stava facendo perdere o chi non ha cambiato il proprio telefonino perché si è sentito tradito proprio nel momento in cui aveva più bisogno di connettersi.

La seconda riflessione viene da un collegamento: autovelox - fucilata, Equitalia - atti aggressivi, intimidatori. Detto che ogni atto di violenza è esecrabile diventa però fondamentale chiedersi qual è la genesi di ogni atto violento. Come sappiamo tutti se ti prendo a legnate perché sei un cattivo vicino o mi stai antipatico è un conto, se ti prendo a legnate perché ti sorprendo a rubare è un conto diverso, se poi ti prendo a legnate per difendere la ragazzina che stai stuprando è una terza cosa. Nel nostro caso si può ipotizzare una sorta di reazione infantile: l'adulto mi controlla e cerca di impormi un comportamento corretto e io cerco di vendicarmi, di fargliela pagare perché ogni regola che conduce ad un vivere più civile contiene in sé qualcosa che limita il nostro egocentrismo. Ma si può ipotizzare che spariamo all'autovelox o ci ribelliamo ad Equitalia perché quotidianamente percepiamo una completa mancanza di giustizia sociale o una assoluta impotenza di fronte ad un potere che non ha nessuna intenzione di dialogare con noi alla pari. Nel primo caso è la rabbia che ci spinge ad agire, la rabbia di constatare che i furbetti di turno se la cavano sempre: basta conoscere, basta avere le maniglie giuste, a volte basta avere i soldi sufficienti e il problema si risolve; lo stesso problema che per noi è un insormontabile ostacolo che ci logora la quotidianità.

Nel secondo caso è la frustrazione di sentirsi impotenti, un singolo cittadino di fronte a organizzazioni, uffici, apparati che sono particolarmente grandi e usano la loro grandezza per farci girare a vuoto senza la benché minima voglia di ascoltarci. Più in piccolo proviamo tutti la stessa sensazione di fronte a quei centralini che ci snocciolano una serie di numeri (se ha bisogno di questo digiti 1, se vuole quello digiti 2, ecc.) ciascuno corrispondente ad una possibile richiesta, ma che alla fine non sono in grado di dare risposta al nostro bisogno.

Terza ed ultima riflessione: sembra che più cresce la tecnologia e la disuguaglianza più cala la pazienza, la voglia di ascoltarsi prima di esplodere, la capacità di considerare il tempo di una relazione interpersonale come un tempo investito bene e non perso.
Sia chiaro che tutto ciò non autorizza nessuno a sparare agli autovelox o a sabotare le sedi Equitalia, ma non basta emettere roboanti condanne senza voler capire.

Stefano Pasqui

Spariamo all'autovelox

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