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Redazione

Cosa l'autismo può fare per noi?

 

Una notizia della settimana passata (13 Ottobre) ha destato diverse reazioni di indignazione da parte dell'opinione pubblica: un ragazzo autistico di 19 anni, residente a Verona, è stato fermato dalla Polizia locale, sedato e portato in ospedale perché scambiato per spacciatore di sostanze stupefacenti.

La notizia, oltre ad alimentare polemiche riguardo i metodi sbrigativi e poco rispettosi utilizzati, in alcuni casi tristemente noti, dagli agenti delle Forze dell'Ordine, pone noi tutti di fronte ad un interrogativo, il quale a sua volta ci dovrebbe spingere ad un'ulteriore importante domanda. 

La prima questione è: quanto sappiamo sull'autismo? Saremmo stati in grado, al posto degli agenti protagonisti della notizia, di riconoscere che il ragazzo dal comportamento "agitato e violento" era un individuo affetto da quelli che in linguaggio tecnico sono definiti DSA (disturbi dello spettro autistico)?

La seconda questione, che ci riguarda più da vicino e che vorrei trattare in queste righe, potrebbe quindi essere: come può l'autismo essere una fonte di riflessione sulla nostra società? 

Molto spesso quando parliamo di autismo, ci riferiamo solo ai bambini e mai agli adulti, come se a un certo punto i bambini, non si sa come, sparissero dalla faccia della terra. In realtà le persone autistiche non spariscono, ma “si perdono” all’interno delle mura domestiche, o, nel migliore dei casi, in qualche struttura protetta.

Questa è una drammatica realtà che riporta all’attenzione un delicato problema che affolla le prime pagine di tutti i giornali: come garantire un lavoro a tutti i giovani (e meno giovani) che una volta conclusa la scuola, si trovano disoccupati?

Non c’è il rischio che queste persone si trovino ai “margini” della società, proprio come i giovani autistici? Al riguardo l’art.1 della Costituzione recita “L’ Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Il lavoro quindi come fondamento del nostro Paese, il lavoro come fondamento dell’identità di ogni cittadino italiano. Capire l’autismo può, quindi, aiutare a riflettere sulla nostra società, perché una società a misura di soggetto autistico, è una società più accessibile per tutti.

In seguito a queste riflessioni può sorgere spontanea una perplessità: in un periodo di crisi come questo, come è possibile garantire un lavoro a tutti, per di più alle fasce deboli? Ribaltiamo nuovamente i termini con cui è posta la domanda: quelle che noi chiamiamo “fasce deboli” non fanno altro che mostrare una debolezza del nostro sistema produttivo, il fallimento di un sistema di collocazione lavorativa che giustifica sé stesso chiamando “fasce deboli” quelli che non si integrano nel sistema preconfezionato.

Naturalmente sto estremizzando, ma cerchiamo di mettere a fuoco le risorse che portano questi soggetti troppo spesso considerati un peso da sostenere.Gli esperti di ecologia ci insegnano l’elevato valore della biodiversità in natura: lo stesso principio vale anche per i sistemi sociali. Ad esempio progetti volti a favorire l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate possono avere benefici per tutta l’azienda.

Un rischio diffuso nella nostra società globalizzata è quello di un “pensiero unico”, che scaturisce tra persone molto (troppo) simili tra loro e che porta ad omologazione e bassa creatività.Quale contributo, da parte delle persone autistiche? Molti studiosi parlano della “non convenzionalità” e della “particolare originalità del pensiero e dell’esperienza autistica”.

Temple Grandin, esempio vivente di quanto il pensiero autistico possa offrire un valore aggiunto alla cultura umana, afferma che tali soggetti: “pur manifestando gravi problemi in certe aree, possono avere capacità straordinarie e socialmente preziose in altri campi – purché si consenta loro di essere sé stessi”. Scusate se è poco!

Diversità quindi, come motore dell’innovazione e dello sviluppo, a patto che sia accolta e riconosciuta nella sua specialità e specificità. Riconoscere l’altro e mettere in discussione le proprie convinzioni, date troppo spesso per scontate, come primo passo per aprire la strada a “nuovi mondi possibili”. Un possibile motore per una crescita che i vecchi modelli economici hanno condotto a quello che sembra un capolinea.

In ultima analisi vorrei lanciare una sfida a tutti i lettori, chiedendo loro di contribuire alla riflessione, riportando esperienze positive o negative di “incontri ravvicinati con l’altro” (spesso così differente, ma anche così simile) che hanno portato ad aprire “nuove porte”, oppure a chiuderne altre.

Per approfondire il discorso sull'autismo, suggerisco la lettura di "Un antropologo su Marte" di Oliver Sacks, nonché la visione del film del 2010 "Temple Grandin: una donna straordinaria".

Cosa l'autismo può fare per noi?

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