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Giovedì, 18 Aprile 2024

CesenaToday

Redazione

Auto Aiutiamoci

Ho conosciuto Carla circa tre anni fa. Era appena stata operata al seno per l’asportazione di un tumore, un ciclone che aveva travolto lei e la sua famiglia nel giro di poche settimane. Se dicessi che era una persona prostrata, non renderei l’idea. I medici e tutto il personale la spronavano, ma Carla faceva fatica ad accettare l’idea che una persona come lei, sana fino a ieri, piena di energie, che sembrava inaffondabile stesse ora combattendo contro un mostro misterioso, cattivo, che si nasconde e ti uccide da dentro. Era arrabbiata ed era molto difficile aiutarla.

I primi mesi dopo l’intervento furono molto impegnativi; la reazione alla paura è, a volte, la chiusura e Carla non aveva voglia di parole, né di un conforto di maniera. Entrò in contatto con quell’abisso di angoscia, quel gorgo così scuro che le annodava i pensieri e le impediva di comunicare persino con le persone che le volevano bene.

Nell’ospedale che l’aveva in cura era (e, per fortuna, è ancora) attivo un gruppo di auto aiuto per donne operate al seno. Carla era diffidente, non voleva condividere il suo terrore. Uscita dall’ospedale, non voleva vivere situazioni che le ricordassero quanto stava male e quelle donne così attive, così sempre impegnate a parlare, scrivere, organizzare, brigare erano troppo diverse da lei. Loro avevano voglia di parlare, di sapere, di ridere e piangere, avevano voglia di stare insieme. Avevano persino voglia di scherzare sul mostro. Lei no.

Però... però tornare alla vita quotidiana ti riporta ad alleggerire i pensieri, a vivere il presente e volerlo vivere bene. Questo è successo a lei.

A un certo punto anche Carla ha sentito voglia di comunicare la sua paura, la sua rabbia, la sua voglia di farcela. Ma voleva farlo con chi sa cosa stai provando. E’ bastato poco. E’ bastato un invito per una riunione settimanale del gruppo di auto aiuto in un momento nel quale Carla aveva capito che tenersi il magone in gola, ecco, questo si, l’avrebbe uccisa prima del cancro. Ha messo su la sua parrucca ed è andata. Le altre l’aspettavano, sapevano che dovevano avere pazienza ed hanno avuto ragione. E’ stato come aprire una diga, un fiume in piena e Carla ha tirato fuori il rospo. Il maledetto rospo, che ognuna a suo modo conosceva fin troppo bene.

Ho rivisto Carla qualche giorno fa. Non la riconoscevo. Una bella persona, con i segni della sua storia sul viso, ma bella, bella davvero. Serena, di una serenità conquistata, profonda e vera, mi ha raccontato come ha rivoluzionato la sua vita. Via i tanti impegni di facciata, via il lavoro troppo gravoso, via le tante cose inutili che ci sono nella vita di una donna borghese di provincia. Basta, ora Carla lavora mezza giornata e per il resto fa cose che le riempiono la vita e che hanno senso per lei. Ora Carla sceglie e non si fa scegliere dagli eventi. Non è ancora fuori dalla minaccia del mostro, ma ora è diverso.

Ovviamente molto tempo lo dedica al gruppo di auto aiuto e aspetta che le altre “Carle” siano pronte a portare in riunione il loro rospo.

Se dovessi trovare l’esempio di una persona “rinata”, mi verrebbe in mente Carla. Sarebbe rinata senza il gruppo di auto aiuto? Forse si, ce l’avrebbe fatta anche da sola. Ma così mi piace di più.

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